Afghanistan addio: i militari italiani si ritirano
(di Luigi Spera) – I circa 600 militari che nei
giorni scorsi si sono ritirati definitivamente dalla base La Marmora di
Shindand, nell’Ovest dell’Afghanistan vicino ad Herat, sono gli ultimi
soldati italiani a cedere il controllo completo del territorio alle forze di
sicurezza afgane.
giorni scorsi si sono ritirati definitivamente dalla base La Marmora di
Shindand, nell’Ovest dell’Afghanistan vicino ad Herat, sono gli ultimi
soldati italiani a cedere il controllo completo del territorio alle forze di
sicurezza afgane.
È la conclusione della fase di transizione dei poteri
stabilita dalla Nato e dalla forza internazionale Isaf con l’accordo del
governo afgano.
stabilita dalla Nato e dalla forza internazionale Isaf con l’accordo del
governo afgano.
Dopo un breve passaggio a Camp Arena, la base di Herat che è anche sede del Regional
Command West (Rcw) al momento affidato alla Brigata “Aosta” di Messina,
i soldati del 183° reggimento paracadutisti rientreranno in Italia. Da
quel momento Camp Arena resterà l’unica base controllata dai nostri militari.
Così, il numero del contingente italiano, che nel 2011 aveva raggiungeva le
4700 unità (il terzo dopo americani e britannici) e 2200 a fine 2013, si
attesterà sui 1400 militari. Ai seicento militari che lasceranno la base di
Shindand infatti si sommano 200 che rientreranno da Kabul.
Command West (Rcw) al momento affidato alla Brigata “Aosta” di Messina,
i soldati del 183° reggimento paracadutisti rientreranno in Italia. Da
quel momento Camp Arena resterà l’unica base controllata dai nostri militari.
Così, il numero del contingente italiano, che nel 2011 aveva raggiungeva le
4700 unità (il terzo dopo americani e britannici) e 2200 a fine 2013, si
attesterà sui 1400 militari. Ai seicento militari che lasceranno la base di
Shindand infatti si sommano 200 che rientreranno da Kabul.
Quella di La Marmora a
Shindand, è una Forward operating base, (“Fob” in gergo) una base tattica
che ospita la principale base aeronautica afgana. Qui gli italiani hanno
contribuito per anni all’addestramento degli avieri di karzai ed è solo
l’ultima in ordine ti tempo tra le basi italiane a chiudere: la settima di un
processo iniziato nel 2012, quando la missione è entrata come stabilito nella
sua terza fase: quella di la transizione.
Shindand, è una Forward operating base, (“Fob” in gergo) una base tattica
che ospita la principale base aeronautica afgana. Qui gli italiani hanno
contribuito per anni all’addestramento degli avieri di karzai ed è solo
l’ultima in ordine ti tempo tra le basi italiane a chiudere: la settima di un
processo iniziato nel 2012, quando la missione è entrata come stabilito nella
sua terza fase: quella di la transizione.
Entro la fine del 2014, dopo
le elezioni presidenziali in agenda per il 5 aprile, anche gli ultimi
militari italiani dovrebbero tornare a casa. L’impegno degli italiani
continuerà comunque fino al 2016, ma non sarà più ‘combat’. È legato a doppio
filo alla vicenda dell’accordo bilaterale tra Usa e Afghanistan, un accordo che
ha già avuto l’ok della Loja Jirga, la grande assemblea del popolo afghano, che
comprende a vario titolo leader tribali o regionali, figure politiche, militari
e religiose, funzionari del governo, ma che vede il presidente Karzai impegnato
in un braccio di ferro con il presidente statunitense Barak Obama.
Solo con un accordo positivo, invocato da più parti anche in Afghanistan, potrà
prendere il via il piano Nato “Resolute Support”, già pronto sulla carta e
che dovrebbe garantire una presenza militare occidentale anche dopo il ritiro
definitivo del 2014. Si tratterebbe di una missione di sostegno alle forze
armate locali e vedrà gli italiani impegnati nell’addestramento e aggiornamento
dei militari afgani. Quanto alla partecipazione italiana non si dovrebbero
superare le 800 unità. Ma per conoscere gli sviluppi, bisognerà attendere la
decisione politica e soprattutto le disposizioni della difesa americana,
soprattutto quanto all’impatto numerico dei propri uomini sul terreno. (wired.it)
le elezioni presidenziali in agenda per il 5 aprile, anche gli ultimi
militari italiani dovrebbero tornare a casa. L’impegno degli italiani
continuerà comunque fino al 2016, ma non sarà più ‘combat’. È legato a doppio
filo alla vicenda dell’accordo bilaterale tra Usa e Afghanistan, un accordo che
ha già avuto l’ok della Loja Jirga, la grande assemblea del popolo afghano, che
comprende a vario titolo leader tribali o regionali, figure politiche, militari
e religiose, funzionari del governo, ma che vede il presidente Karzai impegnato
in un braccio di ferro con il presidente statunitense Barak Obama.
Solo con un accordo positivo, invocato da più parti anche in Afghanistan, potrà
prendere il via il piano Nato “Resolute Support”, già pronto sulla carta e
che dovrebbe garantire una presenza militare occidentale anche dopo il ritiro
definitivo del 2014. Si tratterebbe di una missione di sostegno alle forze
armate locali e vedrà gli italiani impegnati nell’addestramento e aggiornamento
dei militari afgani. Quanto alla partecipazione italiana non si dovrebbero
superare le 800 unità. Ma per conoscere gli sviluppi, bisognerà attendere la
decisione politica e soprattutto le disposizioni della difesa americana,
soprattutto quanto all’impatto numerico dei propri uomini sul terreno. (wired.it)