Editoriale

650 EURO PER I RICORSI AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO IRRAGIONEVOLI: SI PRONUNCERÀ LA CONSULTA

L’odioso balzello che ostacola l’accesso alla giustizia

Ricordate la solitaria battaglia dei Radicali contro l’imposizione del “contributo unificato” sul ricorso straordinario al Presidente della Repubblica? Quell’odioso balzello di 600 euro – imposto dal Governo Berlusconi e successivamente aumentato a 650 dal Governo Monti – ha interrotto una secolare tradizione di gratuità di un rimedio giuridico storicamente accessibile a tutti.

Il ricorso straordinario è sempre stato considerato uno strumento di tutela “flessibile e aggiuntivo, snello e a formalismo minimo attivabile senza il bisogno dell’assistenza tecnico-legale” – come comunemente definito dalla giurisprudenza. Proprio per queste caratteristiche, rappresentava una risorsa fondamentale per il comune cittadino privo delle disponibilità economiche per farsi assistere da un avvocato.

La Commissione Tributaria solleva la questione di costituzionalità

Come già anticipato in un precedente articolo, sulla costituzionalità di questa “tassa” un giudice ha deciso di interessare la Corte Costituzionale. Leggendo oggi le motivazioni di questa decisione, emerge con ancora maggiore evidenza l’urgente necessità di un radicale cambiamento della classe politica e del sistema legislativo, che troppo spesso si dimostra distante dagli interessi reali dei cittadini.

La Commissione Tributaria Provinciale di Roma, nell’articolata motivazione dell’Ordinanza di remissione degli atti al Giudice delle leggi, ha affermato che è la misura del contributo a poter “costituire un vulnus dei parametri costituzionali di cui agli articoli 3 e 24 Cost.”. Imporre il pagamento di un “contributo” pari al doppio di quello richiesto per l’ordinario ricorso al giudice amministrativo appare – secondo il Collegio remittente – irragionevole e provoca una ingiustificata disparità di trattamento.

Quando la legge ostacola il diritto di difesa

Un passaggio particolarmente significativo dell’Ordinanza merita di essere evidenziato: “Alla violazione dell’art. 3 Cost. – scrivono i giudici tributari – si aggiunge, sotto il profilo della manifesta irragionevolezza, anche quello dell’art. 24 Cost., perché prevedere un contributo decisamente superiore per il ricorso straordinario rispetto a quello al Tar-Consiglio di Stato, al quale pure è alternativo, significa dissuadere il soggetto interessato dal presentare ricorso al Presidente della Repubblica indirizzandolo a quello ordinario, più complesso dal punto di vista processuale e per il quale è necessaria la difesa tecnica con conseguente notevole aggravio dei costi per il ricorrente.”

E ancora: “Tale evidente effetto dissuasivo – che aggraverebbe la illegittimità della norma, anche sotto il profilo della proporzionalità, se nascondesse la remota finalità del legislatore – comprime il diritto di difesa quale costituzionalmente garantito dall’art. 24, limitando la libertà di scelta dello strumento giuridico ritenuto più idoneo a tutelare i propri diritti.”

I numeri confermano il declino del ricorso straordinario

Sì, avete letto bene. Il Collegio, nel motivare la violazione dell’articolo 24 della Costituzione, non esclude l’esistenza di una “remota finalità del legislatore”, una volontà di dissuadere il cittadino dall’utilizzare il ricorso straordinario.

Tale sospetto trova riscontro nei numeri: nel 2010 (anno precedente all’imposizione fiscale sui ricorsi straordinari) il Consiglio di Stato in sede consultiva aveva ricevuto 5.694 ricorsi, mentre nel 2014 sono stati soltanto 2.675. Un calo del 53% che difficilmente può essere considerato casuale.

Un esempio di politica al servizio dei potenti

Questo è solo uno dei molteplici esempi che si possono fare per spiegare l’esistenza di una classe politica che da oltre 60 anni tiene in ostaggio ogni aspetto della vita di questo Paese; un sodalizio che, pur di restare incollato alla poltrona, è sempre disposto ad approvare qualsiasi cosa risponda agli interessi del più forte.

In questo specifico caso, la norma – ora sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale – è stata evidentemente pensata e voluta non per ragioni di bilancio ma, più semplicemente, per rispondere all’esigenza della pubblica amministrazione di impedire ai cittadini di reclamare giustizia contro gli atti amministrativi lesivi dei loro diritti.

Una speranza per il futuro

Per fortuna, a differenza del passato, oggi c’è un Presidente della Repubblica che vanta un passato illustre – anche come giudice costituzionale. Questa sua presenza al vertice dello Stato, a differenza di chi lo ha preceduto, potrebbe essere determinante per respingere i continui assalti della politica ai diritti dei cittadini, nonostante i discutibili personaggi che occupano il Parlamento e i posti di comando nelle amministrazioni dello Stato siano sempre gli stessi, abili nell’arte del riciclarsi sotto differenti partiti e bandiere.

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