Gen. Luzi «I carabinieri sono la ‘sicurezza tranquilla’ di questo Paese. Non chiedo la perfezione, ma esigo correttezza
Il nuovo comandante generale dei Carabinieri, Teo Luzi, in un’intervista di Giovanni Bianconi al Corriere della Sera ha spiegato l’impegno dei carabinieri ed il futuro dell’Arma.
Interventi per migliorare il funzionamento dell’Arma
«Tutte le mie future decisioni dovranno andare nella direzione dell’innovazione, perché il mondo cambia rapidamente e non possiamo perdere terreno. Lungo questa linea, abbiamo avviato progetti importanti che ci impegneranno nei prossimi mesi. Primo fra tutti l’urgente revisione del Regolamento generale dell’Arma, da cui deriva tutto il sistema delle disposizioni interne; si tratta di norme risalenti al 1911, i cui fondamenti valoriali rimangono efficaci ma devono essere espressi alla luce dei profondi mutamenti intervenuti nella società. Punto inoltre alla valorizzazione della catena di comando: l’Arma è composta da una rete molecolare di presidi, non possiamo permettere sfilacciamenti; stiamo applicando le risorse tecnologiche più avanzate affinché ogni carabiniere possa sempre contare sul supporto del proprio superiore e viceversa. Infine, guardo alla formazione del nostro personale: credo che, accanto alla cura delle fondamentali nozioni giuridiche, occorra dedicarsi maggiormente alle modalità con le quali approcciarsi al cittadino, fornendo nozioni pratiche di psicologia comportamentale».
Con quale obiettivo?
«Creare un rapporto con i cittadini meno burocratico e più empatico. I comandi di stazione devono capire come relazionarsi con la società civile, e l’aggiornamento del personale deve basarsi anche su rudimenti di sociologia e psicologia. Le persone che s’imbattono o si rivolgono ai carabinieri devono trovare comprensione delle esigenze individuali e del sentire sociale».
«I carabinieri sono la ‘sicurezza tranquilla’ di questo Paese, perché da sempre esprimiamo vicinanza e accoglienza. Pensi che da oltre un anno i Carabinieri di Luino e Varese raggiungono a piedi, lungo una mulattiera, una frazione rimasta isolata dopo la rottura della funivia. Vi abitano alcune famiglie di anziani a cui recapitano generi alimentari e medicinali. Ogni giorno due ore di cammino con gli zaini. Non glielo ha ordinato nessuno. Lo fanno e basta., perché sono Carabinieri. Nell’emergenza sanitaria abbiamo sentito fortissima la responsabilità di agire per non lasciare solo nessuno. Siamo intervenuti anche per garantire la didattica a distanza, consegnando alle famiglie i tablet acquistati dagli istituti affinché i ragazzi potessero seguire le lezioni. Per tutto questo, non abbiamo dovuto elaborare nuovi modelli d’intervento. Ogni ‘risposta operativa’ era, per così dire, già scritta nel nostro Dna. L’evoluzione che immagino vede il cittadino ancora più centrale. Non solo come destinatario di servizi, ma anche come risorsa strategica da coinvolgere per valutare la rispondenza dei servizi erogati».
Sul caso Cucchi e la caserma di Piacenza
«Sono vicende dolorose – ha commentato Luzi – che non ci lasciano indifferenti. Io non chiedo la perfezione, ma esigo correttezza. Agiamo in contesti di grande incertezza e sbagliare è possibile. Dobbiamo fare di tutto per limitare gli errori, ma quando si verificano è necessario agire con rigore, annullare le cause e procedere alle sanzioni. Sempre nella massima trasparenza. È l’unica strada per conservare credibilità».
Bianconi insiste e chiede al comandante cosa pensa di fare per evitare che si ripetano certe deviazioni? «Agiremo ancor più sulla formazione – è la risposta di Luzi – soprattutto quella dei quadri. E ci saranno innovazioni sul piano dei controlli: vogliamo attivare sul territorio team ispettivi a livello interregionale, per svolgere verifiche mirate anche preventive. Siamo pronti ad accogliere le critiche, anche quelle più dure, ma siamo anche determinati nel migliorarci».
«Oggi le norme del Codice dell’Ordinamento militare consentono di procedere in via amministrativa nei confronti dei militari coinvolti in fatti di reato. Molto spesso, però, le condotte non sono immediatamente chiare per cui è necessario sospendere i provvedimenti disciplinari, in attesa degli accertamenti della magistratura. E quando ciò accade non è più possibile riattivare l’azione disciplinare fino alla condanna definitiva, che può richiedere anni. In questo è auspicabile adeguare le norme a quelle del pubblico impiego, per il quale invece è possibile la riapertura degli accertamenti amministrativi anche in più fasi. Non è tollerabile che chi si macchi di gravi comportamenti possa essere agevolato dal trascorrere del tempo. Servono accertamenti rigorosi, sanzioni certe e immediate».