Lo schiaffo di Erdogan all’Italia. Misurata diventa una base turca. Sloggiato ospedale italiano
La città di Misurata ospiterà una base navale degli uomini di Erdogan e ci saranno reparti aerei turchi ad al-Watiya, verso il confine tunisino. Turchi e qatarini addestreranno anche il futuro esercito nazionale libico: sui siti specializzati si parla di un modello «Azerbadjan», in quanto gli istruttori militari turchi da anni addestrano l’esercito azero partendo da un coacervo di milizie. Una situazione molto simile a quella di partenza in Libia.
È quanto riporta La Stampa in un articolo di Francesco Grignetti.
Lunedì a Tripoli, i responsabili della difesa turco Halusi Akar e e quello del Qatar Khalid al Attyha si son fatti firmare dal premier di Tripoli Fayez Al Serraj un accordo grazie al quale parte del porto di Misurata si trasforma in una base navale turca garantita da una concessione di 99 anni. In base allo stesso accordo l’aviazione militare turca potrà utilizzare la base aerea di al-Watya nella Tripolitania Occidentale. Il Qatar finanzierà, invece, la ricostruzione e gestirà, assieme ad Ankara, la riorganizzazione dell’esercito. Con la firma di quegli accordi Qatar e Turchia mettono a segno l’obbiettivo perseguito fin dal 2011, quando – con l’appoggio di Francia e Nato – organizzarono e guidarono una «rivoluzione» che puntava non solo all’abbattimento del Colonnello, ma anche all’estromissione dell’Italia.
In questa corsa a consolidare le nuove posizioni, che sono militari, ma soprattutto politiche, economiche e diplomatiche, l’ospedale militare italiano che da alcuni anni opera a Misurata era diventato scomodo. Perciò siamo stati caldamente invitati a cambiare area. E questo è l’accordo annunciato dal ministro Lorenzo Guerini il 5 agosto scorso, al termine di un bilaterale con il presidente al-Serraj: «C’è piena disponibilità da parte nostra a dar immediato avvio alle ulteriori iniziative di cooperazione definite oggi. In questi anni abbiamo profuso sforzi importanti per sviluppare una collaborazione civile/militare con le autorità locali che svilupperemo con rinnovato impegno».
Le nuove iniziative riguarderanno appunto l’attività di bonifica e sminamento degli ordigni improvvisati, richiesta dalla Libia ai nostri specialisti. «Inoltre – aggiungeva la Difesa – si è prevista l’implementazione della collaborazione medico sanitaria, in aggiunta all’attività già esistente a Misurata – ospedale che verrà spostato in un’area più funzionale. Anche sul piano della formazione si è definito un nuovo piano di addestramento per cadetti, ufficiali e sottufficiali libici in Italia e in Libia, a partire dal nuovo anno accademico».
E’ il tentativo italiano di salvare il salvabile, muovendosi nello stretto sentiero delle cose consentite senza infrangere l’embargo: doniamo medicinali e metal detector, organizziamo corsi infermieristici, addestriamo personale dei vigili del fuoco. Quanto ai sanitari di stanza a Misurata, fanno quel che possono per farsi notare e apprezzare. Era di febbraio questa nota: «Di grande importanza è anche il servizio ambulatoriale dermatologico, che si va ad affiancare al già esistente piano di visite settimanali dei medici italiani presso l’Ospedale Civile di Misurata e si propone di individuare e curare le patologie della pelle di cui più diffuse in Libia e di valutare e predisporre gli opportuni trattamenti».
In tutta evidenza, però, il meritorio impegno della nostra sanità militare non è paragonabile all’apporto di migliaia di mercenari siriani fatti giungere proprio a Misurata dai turchi. Alle batterie antiaeree che sono state schierate a difesa degli aeroporti in Tripolitania. Ai droni schierati in battaglia. Ai continui rifornimenti di armi e munizioni.
«Misurata è la città più importante per la coalizione del Governo di accordo nazionale», ha spiegato a Open Matteo Colombo, ricercatore associato dell’Ispi e da ottobre Pan-Europea Junior Fellow all’European Council on Foreign Relations. «Ma per Erdogan avere una base lì significa anche una cosa fondamentale: costruire una solida sfera d’influenza per quando i problemi economici della Turchia inizieranno a farsi sentire davvero».
Aldilà della retorica di Ankara, infatti, la situazione interna della Turchia non è delle più rosee. Ma la strategia di Erdogan di tirare il più possibile la corda mentre l’Unione Europea è ancora indecisa su quale posizione prendere, sembra per ora vincente. Per l’Italia, che dovrebbe ancora avere un presidio a Misurata e che non ha ancora deciso da che parte stare – se con o contro la Turchia – la conseguenza è una: da ora in poi, il governo italiano dovrà fare i conti con Erdogan prima di chiudere qualsiasi accordo con quello di al-Sarraj.