
 
“Pm, non siamo i vostri 
segretari“. Il consiglio di base di rappresentanza dei 
Carabinieri (Co.Ba.R.) ha firmato all’unanimità un documento rivolto ai vertici dell’Arma nel quale si 
denuncia il rapporto (
viziato) che c’è tra alcuni 
pubblici ministeri della Procura di Milano e gli agenti di Polizia giudiziaria.
 Qual è il problema? Che i carabinieri, anziché essere impiegati 
in attività investigative, sono costretti a passare le giornate in ufficio tra 
fotocopie e compilazioni di atti formali.
Un’attività di segreteria, insomma, da cui deriva “l’inaccettabile mortificazione della dignità professionale degli agenti e ufficiali”. Nel Palazzo di Giustizia milanese ci sono pm che utilizzano i carabinieri “in modo continuo e in via permanente”, si legge nel documento sindacale, per “registrare fascicoli, scrivere richieste di rinvio a giudizio, di applicazione delle misure cautelari, d’intercettazioni telefoniche, decreti di acquisizione di tabulati telefonici, avvisi di conclusione di indagini, decreti penali di condanna, richieste dio archiviazione, di giudizi immediati e i capi d’imputazione per le direttissime”. Gli agenti non solo finiscono a fare i burocrati, ma con turni di lavoro più duri degli altri impiegati della Procura: iniziano “il servizio prima dell’arrivo del pm” e chiudono “per ultimi”.
Non se la cavano meglio gli investigatori di polizia giudiziaria, denuncia ancora il Cobar, che si ritrovano “addetti alle fotocopie degli uffici pre udienza, dove l’unico compito è eseguire migliaia di fotocopie per la preparazione del fascicolo dibattimentale”. Non è questo il nostro lavoro, è filo conduttore del documento sindacale: “Molto di quanto elencato – prosegue la denuncia – spetterebbe al personale di segreteria , non certo al personale di polizia giudiziaria che percepisce 1200 euro al mese”.