LE POLIZIOTTE: NOI SIAMO MENO TUTELATE DEI CRIMINALI
(di Anna Rosso) – La poliziotta Margherita Buttarelli che pochi giorni fa, mentre cercava
di difendere alcune donne in un parco di Rimini, è stata presa a pugni da un
trentenne magrebino raccoglie la solidarietà delle colleghe friulane. Le donne
delle questure di Udine e Trieste, che sono anche rappresentanti sindacali,
puntano il dito contro un sistema che quasi tutela i delinquenti più degli
agenti, un sistema in cui «i criminali la faranno sempre più da padroni qualora
non venga ripristinata l’autorevolezza delle istituzioni».
referente per le Pari opportunità del sindacato di polizia Siulp e amica della
quarantottenne aggredita – e credo che le abbia fatto più male lo “schiaffo
morale” per la mancata carcerazione dell’aggressore (arrestato sabato 29
ottobre, processato lunedì scorso e liberato senza alcuna misura di custodia,ndr),
piuttosto che i pugni al volto e per i quali, comunque, è stata costretta a un
ricovero d’urgenza in ospedale e ha ricevuto una prognosi di dieci giorni».
Silp-Cgil: «È stata coraggiosa – ha sottolineato – e noi le siamo vicini. Il
problema è che determinati popoli non riconoscono le autorità del Paese che li
ospita. Men che meno se queste autorità sono rappresentate da donne (in
questura sono circa il 15% del personale). È su questo che bisogna agire.
Inoltre, il fatto che le persone sorprese a commettere reati vengano rilasciate
poco dopo – prosegue Cont – di certo non aiuta. E non è finita: in un mondo che
ormai appare “alla rovescia”, succede che la nostra collega, di fatto, non
vedrà riconosciuti i suoi diritti e i nobili principi che hanno ispirato il suo
intervento in un’aula di giustizia, perché qualora si costituisse parte civile
al processo, dovrebbe farlo a sue spese e non percepirebbe alcun risarcimento,
visto che queste persone (cui, però, noi paghiamo l’avvocato d’ufficio!) molto
spesso sono nullatenenti. Insomma, qualcosa che non funziona c’è».
manifestazione di aggressione e ostilità alle forze di polizia e ai loro
rappresentanti, purtroppo nella fondata convinzione da parte della criminalità
di una probabile, per non dire sicura impunità. Ciò che la collega di Rimini ha
fatto – osserva l’esponente del Siulp – è la sintesi di quello che poi siamo
dentro, ovvero donne e uomini che rappresentano le istituzioni. Il nostro
lavoro è in primis difendere la gente. E proprio questo ha prevalso nel parco
ove poi è avvenuta l’aggressione: il senso civico più che l’obbligo giuridico.
La poliziotta non si è curata di avere terminato l’orario di lavoro, ha messo
in secondo piano la propria incolumità personale semplicemente per difendere
qualcuno (donna o uomo, italiano o straniero poco importa) in quanto essere
umano in pericolo, in quanto aggredito da alcuni delinquenti. Ecco questo è ciò
che, senza retorica, noi intendiamo per senso del dovere, per fare il bene, a
prescindere».
Laura Rotta: «Quanto è accaduto rivela che obiettivamente, come poliziotti, non
siamo tutelati. E se siamo donne ancor meno. Quando sono entrata nel Corpo, nel
1988, sono stata assegnata all’ufficio stranieri di Bologna e tante volte mi è
capitato di avere a che fare con persone che, per motivi culturali, faticavano
a riconoscermi come lavoratrice e, ancor più, con una divisa. E poi – continua
la rappresentante del Sap – è inutile negare che ormai i servizi in strada sono
temuti non in quanto tali, ma perché si sa che, se succede qualcosa, l’agente
non ha tutele o comunque poche. Se ci facciamo male le spese sanitarie sono a
nostro carico.
sindacato, ci vogliono “regole di ingaggio”, moduli di intervento validi per
tutti. I fatti di Rimini hanno dimostrato che la poliziotta che ha difeso
alcune donne si è poi trovata di fronte a un sistema-giustizia che non
riconosce nè il danno arrecato alla persona, nè quello fatto a un
rappresentante dello Stato. Lei è stata brava e coraggiosa, ma altri si
sarebbero girati dall’altra parte. Ormai siamo ridotti a questo».

