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Tajani: “Putin è aggressivo, ma non credo voglia attaccare l’Italia. Ho parlato anche con Crosetto”

“Non credo che Putin voglia scatenare la terza guerra mondiale e che l’Italia sia un obiettivo militare”. Lo ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani commentando in diretta su Rete 4 le frasi pronunciate  da Zelensky per cui l’Italia sarebbe il prossimo obiettivo dell’incursione di droni russi.

Mi auguro che non accada“, ha affermato il ministro degli Esteri, aggiungendo che “in ogni caso la nostra difesa aerea e la Nato è pronta ad abbattere qualsiasi minaccia. L’efficienza dell’aeronautica militare è sempre alta sia a terra sia in cielo, quindi gli italiani possono stare tranquilli“, ha detto il vicepremier e ministro Esteri Antonio Tajani a margine della festa di Forza Italia a Telese Terme. “Non dobbiamo drammatizzare – ha detto – non ci risulta nulla di preoccupante per il nostro Paese, voglio rassicurare tutti. Ho parlato anche con Crosetto stamattina, ci siamo consultati, tranquillizziamo tutti“.

Tajani rassicura, ma la guerra ibrida non guarda confini

Le dichiarazioni del ministro Antonio Tajani appaiono, sul piano comunicativo, più orientate a placare l’opinione pubblica interna che a restituire una reale valutazione strategica della situazione. Nel rassicurare gli italiani sul fatto che “Putin non voglia scatenare la terza guerra mondiale” e che l’Italia non sia un obiettivo militare, si dimentica un punto essenziale: la guerra ibrida e asimmetrica non si misura unicamente in termini di obiettivi convenzionali.

Mosca non ha alcun interesse a colpire direttamente la Penisola in modo frontale: sarebbe un atto suicida che trascinerebbe inevitabilmente la NATO in una risposta immediata. Ma il Cremlino non ha bisogno di bombardare Roma per esercitare pressione. Cyberattacchi, sabotaggi infrastrutturali, campagne di disinformazione, incursioni nello spazio aereo e droni che “sfiorano” i confini alleati rientrano pienamente nella dottrina russa della destabilizzazione graduale.

L’Italia, con basi NATO cruciali, il ruolo strategico nel Mediterraneo e una difesa aerea che, seppur “sempre efficiente” come ribadito dal ministro, resta dimensionata a scenari regionali più che a una guerra prolungata ad alta intensità, non è un bersaglio diretto ma un anello vulnerabile.

La narrazione rassicurante del governo rischia dunque di banalizzare la complessità del quadro. Non si tratta di drammatizzare, ma di riconoscere che la deterrenza non si misura solo in missili pronti a intercettare droni, bensì nella capacità di prevenire, resistere e rispondere a un conflitto multidimensionale. E su questo, l’Italia deve ancora colmare un gap di consapevolezza strategica.

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