Vigili Del Fuoco

Comandante dei Vigili del Fuoco a processo per violenza sessuale ad una dipendente: “Mi lasci andare”


Il contesto e la denuncia

È stato rinviato a giudizio con l’accusa di violenza sessuale aggravata il comandante provinciale dei Vigili del Fuoco di Vicenza, 61 anni. La vicenda risalirebbe al 2 luglio dello scorso anno e coinvolgerebbe una dipendente di circa trent’anni in servizio presso lo stesso comando.

Secondo la ricostruzione, la donna sarebbe stata invitata nell’alloggio privato del comandante, situato all’interno della caserma, con la scusa di mostrarle alcuni arredi. In quel contesto, riferisce la parte offesa, l’atteggiamento dell’uomo sarebbe improvvisamente cambiato, trasformandosi in un approccio fisico non desiderato.

La donna avrebbe cercato di allontanarsi dopo essere stata abbracciata contro la sua volontà. «Come sei bella, voglio solo un bacio» le parole che avrebbe pronunciato il comandante tentando di baciarla sulle labbra e poi sul collo, mentre lei lo implorava: “Mi lasci andare”.


Cosa contesta la Procura

La Procura di Vicenza ha contestato al comandante “atti di libidine subdoli e repentini”, aggravati dalla posizione gerarchica dell’imputato nei confronti della collega. Il giudice ha accolto la richiesta del pubblico ministero, ritenendo gli elementi indiziari sufficienti per il rinvio a giudizio con rito immediato, che anticipa la fase processuale saltando l’udienza preliminare.

Secondo l’accusa, l’uomo avrebbe limitato fisicamente la libertà della donna, tentando di baciarla nonostante i suoi chiari segnali di rifiuto.


Le prove portate agli inquirenti

La denuncia è arrivata alcuni mesi dopo l’episodio, dopo che la presunta vittima ha trovato il coraggio di esporsi, anche su consiglio del suo legale. Alla base della sua scelta, il timore di possibili ripercussioni lavorative.

La donna ha inoltre consegnato ai carabinieri una registrazione audio di un colloquio successivo avvenuto con l’imputato, ritenuta coerente con la sua versione. Gli investigatori hanno ascoltato diverse testimonianze, sia interne che esterne al comando, e hanno lavorato in massima riservatezza prima di chiudere l’indagine.


La linea difensiva del comandante

Il comandante ha negato con decisione ogni addebito. Assistito dai suoi legali, contesta la versione fornita dalla donna, sostenendo che i fatti sarebbero stati “travisati e ingigantiti”. Ha espresso rammarico per le conseguenze mediatiche e reputazionali sull’intero comando provinciale.

Il suo trasferimento in altra sede, sottolinea la difesa, non sarebbe legato all’indagine, ma a un normale avvicendamento dopo tre anni di servizio nella stessa provincia.

La difesa ha anche evidenziato il tempo intercorso tra i fatti e la denuncia, pur ammettendo che le modifiche legislative recenti consentono una maggiore elasticità temporale per segnalare reati di questo tipo.


Cosa succederà in aula

Il procedimento è fissato per dicembre. In aula potrebbero essere sentiti testimoni chiave, a meno che l’imputato non opti per un rito alternativo, come il rito abbreviato, che potrebbe evitare il confronto diretto.

La parte offesa è pronta a costituirsi parte civile per chiedere un risarcimento danni. Il processo si preannuncia delicato, sia per la natura delle accuse sia per il ruolo ricoperto dall’imputato.


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