Diamante scomparso in caserma: carabiniere assolto
Un diamante prezioso che appare e scompare come per magia, una signora che si consulta con un prete prima di fare la cosa giusta, e un carabiniere che passa dall’inferno della condanna al paradiso dell’assoluzione. Gli ingredienti di questa storia hanno dell’incredibile, eppure si sono consumati tra le strade milanesi e le aule giudiziarie lombarde.
La donna, il gioiello e la caserma: come inizia il mistero
La vicenda ha dell’incredibile: una signora trova per strada quella che sembrerebbe essere una pietra preziosa. Dopo averla fatta valutare da un gioielliere (stima: 35mila euro), e consultato un sacerdote sulla retta via da seguire, decide di consegnarla in una caserma dei carabinieri. Fin qui tutto bene, ma dopo la consegna del diamante, come in un gioco di prestigio, della pietra si perdono completamente le tracce.
Indizi digitali e precedenti sospetti: il caso si complica
L’accusa sembrava aver trovato il suo asso nella manica: sul telefono del militare comparivano ricerche web con la parola “anello”. Un indizio che per il PM Giovanni Polizzi valeva oro, ma che l’imputato liquidava come “automatismi di navigazione internet”. Come se non bastasse, il carabiniere aveva già vissuto una situazione simile anni prima a Monza: uno zaino ritrovato restituito al proprietario, ma misteriosamente privo dei contanti nel portafoglio.
La condanna shock e il ribaltone in appello
Il processo presso la VII sezione del Tribunale, presieduta dal giudice Tremolada, aveva inizialmente portato a una condanna che ha dell’eccezionale per un rappresentante delle forze dell’ordine: 4 anni di reclusione per peculato e 40mila euro di confisca. Una stangata motivata dalla gravità della violazione del patto di fiducia tra cittadini e Arma.
La rivincita della difesa: “Giustizia è fatta”
Quando tutto sembrava perduto, ecco il colpo di scena: la II Corte d’Appello di Milano presieduta da Enrico Manzi ha completamente ribaltato la sentenza, assolvendo il carabiniere con formula piena “il fatto non sussiste”. L’avvocato Gabriele Maria Vitiello non ha nascosto la soddisfazione: “Sono sempre stato convinto dell’innocenza del vice brigadiere. Una sentenza giusta che ridà fiducia e dignità a un uomo dello Stato.”
E così il mistero del diamante resta irrisolto. La pietra preziosa, vera o presunta, sembra essersi volatilizzata nel nulla, come capita ai migliori protagonisti dei gialli. L’unica certezza è che per la giustizia italiana, almeno questa volta, il carabiniere non c’entra nulla.
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