ASSOLTI IN CASSAZIONE DOPO OTTO ANNI I CARABINIERI ACCUSATI DI AVER FALSIFICATO GLI STRAORDINARI
CARABINIERI ASSOLTI DALLA CASSAZIONE: CADONO LE ACCUSE DI FALSO NEGLI STRAORDINARI
La Corte di Cassazione scrive la parola fine su una vicenda giudiziaria che ha tenuto banco per anni, assolvendo definitivamente due carabinieri accusati di aver falsificato documenti per ottenere compensi straordinari minimi.
ACCUSE INFONDATE PER POCHI EURO
Due militari dell’Arma, un 42enne teramano e un 43enne catanzarese, erano finiti sotto processo per presunte irregolarità negli ordini di servizio risalenti al 2016, quando prestavano servizio presso la Stazione di San Leo. L’accusa sosteneva avessero falsificato una decina di documenti per ottenere straordinari che ammontavano a cifre irrisorie, tra i 6,10 e i 14,50 euro lordi.
IL PERCORSO GIUDIZIARIO
Il caso aveva attraversato tutti i gradi di giudizio, con condanne in primo grado dal Tribunale di Rimini (rispettivamente a 1 anno e 4 mesi e 1 anno) e conferma in Appello. Già in prima istanza era caduta l’accusa più grave di truffa ai danni dello Stato, con assoluzione piena.
LA SVOLTA IN CASSAZIONE
La Suprema Corte ha ora annullato definitivamente la sentenza d’Appello, che confermava quella di primo grado, ponendo fine a un calvario giudiziario durato anni.
DETTAGLI DELL’INDAGINE
L’inchiesta, condotta dai carabinieri di Novafeltria sotto il coordinamento del PM Luca Bertuzzi, riguardava presunti falsi negli ordini di servizio per attività di controllo del traffico nel centro di San Leo e pattugliamenti presso “obiettivi sensibili”, tra cui il bar della piazza centrale. Accuse che, alla prova dei tre gradi di giudizio, si sono rivelate inconsistenti.
IL PREZZO DELL’INNOCENZA: UN’AMARA RIFLESSIONE
Dopo anni di processi e migliaia di euro spesi in spese legali per difendersi dall’accusa di aver percepito indebitamente pochi spiccioli di straordinari, i due carabinieri possono finalmente voltare pagina. Ma a quale prezzo?
IL PARADOSSO DELLA GIUSTIZIA
Una vittoria giudiziaria che lascia l’amaro in bocca: anni di stress, carriere messe in discussione e ingenti spese legali per difendersi dall’accusa di aver percepito irregolarmente somme che, ironicamente, non avrebbero nemmeno coperto una singola ora di consulenza dei loro avvocati. Un paradosso che fa riflettere sull’efficienza del sistema giustizia e sui suoi costi, non solo economici ma anche umani.
LE CICATRICI INVISIBILI
Se la sentenza della Cassazione ha finalmente ristabilito la verità, nessuna pronuncia potrà mai cancellare l’onta subita da questi servitori dello Stato, costretti per anni a difendersi da accuse rivelatesi infondate. Chi risarcirà loro le notti insonni, i sussurri dei colleghi, i dubbi dei superiori e quella sensazione di essere considerati colpevoli fino a prova contraria?
Una vicenda che dovrebbe far riflettere sulla sproporzione tra l’entità dei fatti contestati e il dispendio di risorse giudiziarie impiegate, ma soprattutto sul prezzo umano pagato da chi, per pochi euro di straordinari, si è trovato trascinato in un vortice giudiziario durato anni. Una vittoria, sì, ma dal sapore tremendamente amaro.
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