INCURSORI E SOTTOMARINI SPIA: COSÌ L’ITALIA DÀ LA CACCIA AI JIHADISTI IN FUGA DA SIRTE
Il nostro intervento in Libia ormai non è più un segreto. Tra gli obiettivi dell’azione italiana vi è quello di intercettare possibili infiltrazioni jihadiste all’interno dei confini italiani.
Intervengono in spazi ristretti, in mezzo al mare, di giorno o di notte, a bordo di imbarcazioni fatiscenti o in angusti mercantili, sanno che dietro ogni portellone potrebbe esserci un pericolo e dentro a ogni stiva una minaccia, non conoscono il luogo in cui dovranno agire, non possono fidarsi di nessuno se non dei loro compagni e della «nave grigia» da cui sono partiti. È questo il lavoro che, ora con un maggiore livello di attenzione alla luce dei ripetuti allarmi sulla possibile presenza di infiltrati jihadisti in fuga dalle coste, svolgono i militari dei «Boarding Team» del 2° Reggimento San Marco. Sono loro la prima linea dell’antiterrorismo italiano e lo sono in mare aperto, tra la Sicilia e l’Africa, dove nessun’altra forza può agire. E’ quanto scrive Mariano Alberto Vignali per La Stampa
Il rischio infiltrazioni di estremisti libici tra i migranti verso l’Europa, ovvero l’Italia da una parte; la concreta possibilità che vi siano attacchi a navi mercantili o trasporti di armi fuori dalla Libia dall’altra: ecco i fronti di una minaccia che la Marina Militare aveva messo in conto da tempo creando una nuova forza d’intervento imbarcata sulle navi schierate davanti alle coste africane a caccia di unità sospette o di falsi migranti. Sono queste forze per impieghi speciali, per ora poche decine di uomini selezionati, a controllare, ogni giorno, cosa accade in quel tratto di mare.