12 anni per vedersi riconosciuti i diritti: il Tar dispone la ricostruzione della carriera ad un carabiniere condannato per la vendita di armi
(di Avv. Umberto Lanzo) – Il Tribunale Amministrativo Regionale dell’Umbria ha accolto il ricorso presentato da un appuntato dell’Arma dei Carabinieri nei confronti di alcuni provvedimenti adottati dal Ministero della Difesa in merito alla ricostruzione della sua carriera.
La condanna penale e l’avvio del procedimento disciplinare
La vicenda ha origine nel 2008 quando l’appuntato era stato arrestato e processato per diversi reati, tra cui detenzione e porto abusivo di arma da guerra e ricettazione di arma da guerra, reati per i quali è stato poi condannato in via definitiva.
A seguito della condanna, nel 2011 l’amministrazione aveva avviato nei suoi confronti un procedimento disciplinare, irrogando la sanzione della perdita del grado per rimozione.
Il lungo braccio di ferro in tribunale
Il carabiniere ha impugnato tale provvedimento dinanzi al TAR Umbria sostenendo che il procedimento disciplinare si era concluso oltre i termini massimi di 270 giorni previsti dal Codice dell’ordinamento militare, facendo quindi decadere l’amministrazione dal potere punitivo. Tesi accolta dal Consiglio di Stato che nel 2013 ha dunque annullato la sanzione irrogata.
In ottemperanza a tale sentenza, il Ministero della Difesa nel 2014 ha disposto la reintegrazione dell’appuntato nel grado di carabiniere, ma negando nel contempo la ricostruzione integrale della sua carriera anche dal punto di vista economico e contributivo per il periodo interessato. Contro tale determinazione il militare si è nuovamente rivolto al TAR Umbria.
I giudici amministrativi, nella sentenza pubblicata nei giorni scorsi, hanno accolto il ricorso ritenendo fondato il primo motivo sollevato. Hanno stabilito che, essendo stato annullato il procedimento disciplinare per motivi procedurali con effetto “ex tunc”, l’Amministrazione avrebbe dovuto procedere alla piena ricostruzione della carriera dell’appuntato, sia sotto il profilo giuridico che economico, per il periodo compreso tra l’irrogazione della sanzione e la sua riammissione in servizio.
Respinti invece i successivi motivi aggiunti con cui il militare censurava altri provvedimenti amministrativi. Il TAR ha quindi condannato il Ministero della Difesa a corrispondere gli emolumenti dovuti per il periodo di inefficacia del grado, riconoscendo il diritto del ricorrente alla completa restitutio in integrum.
Il caso oggi riportato evidenzia l’importanza del rispetto dei termini processuali nell’ambito delle procedure disciplinari a carico dei militari. La sentenza chiarisce infatti che il mancato rispetto dei 270 giorni massimi previsti per concludere il procedimento fa decadere in modo definitivo l’Amministrazione dal potere punitivo.
Va evidenziato, comunque, come la sanzione irrogata al carabiniere, pur annullata dal Consiglio di Stato, abbia costretto il militare a sostenere le spese legali per la difesa nel doppio grado di giudizio sulla sanzione stessa. In più, il diniego iniziale della ricostruzione integrale della carriera ha determinato un ulteriore oneroso ricorso al TAR.
Rimangono quindi in capo al ricorrente i costi economici e non solo di un lungo contenzioso durato anni, necessario per far valere le ragioni di legalità e le tutele previste dall’ordinamento. Il caso è emblematico sulle conseguenze che può comportare la non osservanza delle garanzie procedurali, anche in termini di spese che ricadono sulla parte che ha subito l’illegittimità dell’azione amministrativa.
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