11 anni prigioniero in Russia. Dante Iovino, colonnello dei carabinieri “impavido, tenace e indomabile. Una magnifica figura di ufficiale”
Il colonnello Dante Iovino, nacque a Resina (Napoli) il 28 giugno 1912. Ancora studente nell’Università di Napoli nella Facoltà di giurisprudenza venne nominato sottotenente di complemento nel giugno 1934 e assegnato al 231° reggimento fanteria fu congedato nel luglio 1936. L’anno dopo, partiva volontario per la Spagna con un reparto della milizia e col grado di capomanipolo. Rimpatriato dopo essere stato ferito nel maggio 1939, fu collocato in congedo, col grado di tenente, nel gennaio 1940. Conseguita la laurea in giurisprudenza nello stesso anno, nel maggio 1941, richiamato a domanda, fu inviato al corso applicativo presso il gruppo CC. (Carabinieri) di Salerno, quindi passava con lo stesso grado nei ruoli degli ufficiali di complemento dell’Arma. Promosso capitano, nel gennaio 1942 partì per la Russia al comando della 413^ sezione alpini CC. della Divisione Cuneense. Catturato nel fatto d’arme di Annowka il 27 gennaio 1943, rimpatriava solo nel 1954, dopo aver sopportato dura prigionia in campi di punizione e aver provato sulla sua pelle indicibili sofferenze fisiche e morali. Proseguì il suo servizio nell’Arma a Napoli, La Spezia, Pavia e Milano guadagnando ovunque encomi solenni. Milano fu la sua ultima tappa. Le sofferenze patite nel periodo di prigionia, infatti, ne avevano minato profondamente il fisico. Si spense a soli 49 anni nella città meneghina. All’epoca, il colonnello Iovino era il diretto superiore di quel Carlo Alberto Dalla Chiesa, allora giovane Capitano.
Le decorazioni
M.B. (Medaglia di Bronzo) (Spagna, 1937); Cr.g. al V.M. (Croce di guerra al Valore Militare) (Spagna, 1938); trasferito nei ruoli del s.p.e. per m.g. (meriti di guerra) (Russia, agosto 1942 – gennaio 1943).
Motivazione della medaglia d’oro
Magnifica figura di ufficiale, dopo essersi ripetutamente distinto per fiero ed eroico comportamento di combattente, in lunghi anni di prigionia sfidava a viso aperto minacce, sevizie, punizioni e condanne, tenendo sempre alta ed immacolata la dignità di soldato e di italiano. Impavido nell’affrontare mortali sofferenze, tenace nel sopportarle, indomabile contro la persecuzione del nemico e l’avverso destino, dava continue prove di elevate virtù militari ed esempio sublime di incorruttibile onestà, di onore adamantino. Per il suo dignitoso contegno di assoluta intransigenza con le leggi del dovere guadagnò il martirio di ingiusta condanna quale criminale di guerra. Dimostrò così che si può anche essere vinti materialmente, ma restare imbattuti, anzi vittoriosi, nel campo dell’onore. – Russia, gennaio 1943 gennaio 1954.
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