Veneto, sfratto dalle caserme per i Carabinieri non coniugati in servizio permanente: “Un colpo basso”
Il documento che cambia le regole
Una recente determinazione del Comando Legione Carabinieri “Veneto” parrebbe chiudere la porta — anzi, il portone — ai Carabinieri non coniugati in Servizio Permanente: niente più posti letto in caserma.
Il provvedimento, redatto dall’Ufficio Personale e sostenuto da una delega del Comandante della Legione, fa riferimento alla circolare n. 73/4-1990 del Comando Generale, aggiornata al 27 marzo 2023, e alla necessità di “mantenere la pronta disponibilità dei limitati posti letto in favore del personale che ha obbligo di alloggiare in caserma”.
Tradotto dal burocratese: se non sei sposato e non hai l’obbligo di residenza in caserma, puoi cercarti casa altrove.
Fine di un’era: la caserma non è più “casa”
Per decenni la caserma è stata un approdo sicuro, soprattutto per chi veniva trasferito lontano da casa o attraversava momenti personali difficili. Separati, divorziati, giovani appena arruolati: tutti hanno trovato tra quelle mura un letto e un po’ di stabilità.
Oggi, invece, la porta si chiude: il Carabiniere non coniugato viene lasciato fuori, anche se opera a centinaia di chilometri dalla propria residenza e in regioni dove l’affitto è tutt’altro che abbordabile.
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UNARMA alza la voce: “Un fatto storico, ma in negativo”
La reazione non si è fatta attendere. UNARMA ha bollato la decisione come “un fatto storico, ma purtroppo in senso negativo”.
“Nel Veneto, i Carabinieri non coniugati in Servizio Permanente non potranno più dormire in caserma. Si impone la permanenza minima al Nord, ma non si offre un posto letto. È una scelta che tradisce lo spirito dell’Arma” — si legge in una nota dell’associazione.
UNARMA ricorda che per generazioni “la caserma è stata considerata la casa del Carabiniere, un luogo di accoglienza fino alla pensione, ma anche rifugio per chi era separato o divorziato”.
Ora, dicono, “anche loro rischiano lo sfratto”.
Una scelta che lascia più dubbi che certezze
La logica dell’ottimizzazione dei posti letto non convince tutti. Il provvedimento sembra dimenticare che chi viene mandato a servire a centinaia di chilometri da casa non sceglie di farlo. La caserma, in questi casi, non era un privilegio ma una necessità logistica e umana.
C’è chi vede in questa scelta una cesura con la tradizione: non più la caserma come “famiglia” e “fortino”, ma come spazio da gestire al centimetro, dove la disponibilità si calcola con la calcolatrice, non con il buon senso.
La stoccata finale
Il commento conclusivo di UNARMA è una frase che sa di sentenza:
“Se questa è la nuova linea, prendiamo atto che i tempi dell’Arma in Veneto sono cambiati. Come si dice… si stava meglio quando si stava peggio.”
Il messaggio implicito è chiaro: nel nome dell’efficienza, si sacrifica il legame storico e umano tra il Carabiniere e la sua caserma. Un cambiamento che molti considerano una vittoria della burocrazia sulla tradizione.
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