“Ucciso per aver usato il cellulare”, per la Procura il parà Emanuele Scieri fu punito in caserma
«Emanuele Scieri fu ucciso per aver usato il cellulare vietato», è questa la ricostruzione della morte del paracadutista della ‘Folgore’ per la Procura militare di Roma. Sarebbe stato ucciso in una punizione finita male, dunque, Emanuele Scieri, il parà di leva di 26 anni trovato cadavere dentro la caserma ‘Gamerra’ di Pisa il 13 agosto 1999 (il suo corpo fu ritrovato tre giorni dopo). E la punizione ci sarebbe stata perché caporali lo videro parlare al telefono cellulare il cui utilizzo dentro la caserma era vietato.
È questa una ricostruzione sulla vicenda su cui lavora la procura militare di Roma, che ha riaperto l’inchiesta, secondo quanto pubblica stamani il quotidiano Qn-La Nazione. Secondo i magistrati Scieri potrebbe essere stato soggetto a una punizione dopo che alcuni caporali lo avevano sorpreso al telefonino. L’ipotesi di reato della giustizia militare è quella di «violenze a inferiore mediante omicidio in concorso».
La svolta nelle indagini. Il 13 agosto 1999 Emanuele Scieri arrivò alla caserma Gamerra di Pisa, centro di addestramento della Folgore. Scomparve quella sera stessa e tre giorni dopo, il 16 agosto, il suo corpo senza vita venne trovato ai piedi di una torre dismessa usata per «sgonfiare» i paracadute.
Nell’estate del 2018 si è registrata una svolta nelle indagini, dopo che il caso era stato archiviato come suicidio: la Procura di Pisa arresta un ex commilitone del 26enne di Ragusa, Alessandro Panella, caporale e capocamerata di Cerveteri (Roma) a cui era stato assegnato Scieri.
La pista da seguire sarebbe quella del nonnismo: secondo la commissione di inchiesta parlamentare, istituita nel 2016 e conclusa a dicembre 2017, nella caserma «avvenivano gravi atti di violenza, non riconducibili a semplice Goliardia».
Redazione a cura del Messaggero.it