Torino, il Tribunale bacchetta la Questura per le file davanti all’ufficio immigrazione: “Condizioni mortificanti”
Una condanna pesante per prassi discriminatorie
Il Tribunale civile di Torino ha inflitto una sonora condanna alla Questura del capoluogo piemontese e al Ministero dell’Interno, accusandoli di aver imposto condizioni umilianti e discriminatorie a chi si rivolgeva all’ufficio immigrazione per chiedere protezione internazionale o rinnovare il permesso di soggiorno.
Secondo la sentenza del giudice Andrea Natale, la gestione delle code — vere e proprie maratone di attesa che si protraevano per giorni, spesso sotto il gelo invernale — ha violato i diritti fondamentali delle persone coinvolte.
Dalle file al gelo alla class action
La vicenda era esplosa all’inizio dell’anno, quando una serie di inchieste de La Stampa e successivamente dei media nazionali aveva mostrato le lunghe e disagevoli attese davanti all’ufficio immigrazione. Richiedenti asilo e titolari di permesso di soggiorno erano costretti a presidiare il marciapiede giorno e notte per riuscire a ottenere un semplice appuntamento.
Su impulso dell’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI), diciotto persone hanno aderito a una class action che ha portato il caso davanti al giudice.
La sentenza: nuovo modello e prenotazioni online
Il Tribunale non si è limitato alla condanna morale: ha imposto un cambio radicale nell’organizzazione della Questura di Torino. La disposizione più significativa è l’obbligo di consentire la prenotazione degli appuntamenti attraverso una piattaforma online, eliminando così la pratica delle attese fisiche interminabili.
Il Ministero dell’Interno dovrà inoltre versare 13mila euro di spese legali.
La replica della Questura: “Problema già affrontato”
In un comunicato diffuso dopo la sentenza, la Questura ha sottolineato di essere già intervenuta negli ultimi mesi, in parte proprio in seguito alla pressione mediatica.
Tra le misure adottate:
La Questura ha precisato di essere già intervenuta nei mesi scorsi per migliorare il servizio, con l’attivazione di un sistema online per le prenotazioni, l’aumento del numero di sportelli dedicati, la creazione di sale d’attesa coperte e il potenziamento dell’organico.
Il comunicato aggiunge che il Ministero dell’Interno incaricherà l’Avvocatura dello Stato di presentare appello contro la decisione del Tribunale.
Un caso destinato a fare scuola
La vicenda di Torino segna un punto fermo che va oltre il caso locale. Stabilisce che, anche nella pubblica amministrazione, trasformare l’accesso a un servizio in una prova di resistenza fisica non è solo inefficiente, ma può essere dichiarato illegittimo in tribunale. Una sentenza che, senza colpire l’operato della polizia, mette in chiaro che l’organizzazione dei servizi pubblici deve rispettare la dignità delle persone. E che potrebbe diventare un precedente scomodo per tutte quelle situazioni, in Italia, dove code interminabili e attese estenuanti sono ancora considerate “normali”.
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