Carabinieri

Toner taroccati nelle caserme: maxi-truffa da 130mila euro ai danni dei Carabinieri

L’offerta “più conveniente” che nascondeva l’inganno

I Carabinieri di Piemonte e Valle d’Aosta avevano scelto l’offerta economicamente più vantaggiosa per rifornire i loro uffici: 75 euro a cartuccia per un lotto di 1.540 toner “originali” e 65 euro per ogni tamburo-drum, componente fondamentale dei contenitori d’inchiostro per stampanti. Ma dietro quei prezzi si celava una frode: i prodotti consegnati non erano autentici. Una truffa da 130mila euro, entrata direttamente nelle caserme piemontesi sotto forma di forniture contraffatte.

Sette imputati e due società a processo

Sono sette le persone rinviate a giudizio, insieme a due società, con accuse pesantissime: associazione a delinquere, truffa, frode nelle pubbliche forniture e contraffazione, aggravata dall’aver colpito enti pubblici. L’indagine era partita dalla Procura di Torino con il pm Giovanni Caspani, ma il fascicolo è stato trasferito a Benevento, sede della società che aveva vinto il bando. Lì, secondo l’accusa, avrebbero dovuto garantire prodotti originali: così non è stato.

Il processo inizierà a febbraio.

Il sospetto nasce dai rifiuti speciali

A far scattare i primi dubbi non sono stati i toner stessi, ma i loro involucri di smaltimento. Trattandosi di rifiuti speciali, avrebbero dovuto rispettare precisi standard europei, ma non lo facevano. Una verifica con la multinazionale produttrice ha confermato i sospetti: i codici di produzione non corrispondevano agli originali, nonostante i toner presentassero marchi anticontraffazione apparentemente autentici.

La filiera della contraffazione

Secondo gli inquirenti, il meccanismo della truffa era ben collaudato. Gli imputati avrebbero acquistato sul mercato carcasse di toner esauriti di una nota multinazionale. Una volta recuperati, venivano ricaricati con inchiostro, etichettati con codici a barre falsi e riconfezionati come se fossero nuovi di fabbrica. Così avrebbero rifornito non solo le caserme dei Carabinieri, ma anche enti sanitari, tra cui l’ospedale di Avellino.

La lezione amara per la Pubblica Amministrazione

Questo episodio dimostra che affidabilità e qualità non sono affatto garantite nemmeno quando gli acquisti avvengono attraverso piattaforme ufficiali come il MePA, che dal 2019 è l’unico canale obbligatorio per le forniture della Pubblica Amministrazione sopra i 5.000 euro e sotto la soglia comunitaria. Non solo: spesso i prezzi praticati risultano persino più alti rispetto a quelli di mercato, generando un paradosso che unisce burocrazia, costi gonfiati e vulnerabilità a frodi clamorose. In altre parole, una piattaforma nata per assicurare trasparenza e convenienza rischia di trasformarsi nell’ennesima trappola per gli enti pubblici e, soprattutto, per i contribuenti.

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