TAGLI ALLARMANTI PER LA DIFESA: NATO BACCHETTA L’ITALIA
notizia non ha avuto l’eco che meritava, nonostante il periodo storico che
stiamo attraversando. Ma il richiamo fatto all’Italia dal segretario generale
della Nato, Jens Stoltenberg, nel bilancio annuale del 2015 è stato
durissimo: siamo la nazione dell’Alleanza che l’anno scorso ha tagliato più di
tutte le altre il bilancio della Difesa (-12,4 per cento) attestandoci ad
appena lo 0,95 per cento del Pil.
«Ai paesi come l’Italia che spendono meno del
2 per cento del Pil dico che devono smettere di tagliare – ha detto Stoltenberg
a Bruxelles – ma il contesto generale mostra già un’inversione di tendenza, per
la prima volta proprio nel 2015». Inversione di cui da noi non si vede traccia
mentre aumentano gli impegni delle Forze armate a causa della sempre più
instabile situazione internazionale.
2 per cento del Pil dico che devono smettere di tagliare – ha detto Stoltenberg
a Bruxelles – ma il contesto generale mostra già un’inversione di tendenza, per
la prima volta proprio nel 2015». Inversione di cui da noi non si vede traccia
mentre aumentano gli impegni delle Forze armate a causa della sempre più
instabile situazione internazionale.
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Le
cifre contenute nel Documento programmatico del ministero della Difesa per il
triennio 2015-2017 sono allarmanti: oltre a risorse sempre minori, quest’anno
si spenderà il 75,6 per cento del bilancio per il personale, il 9,1 per l’esercizio
e appena il 15,3 per cento per l’investimento; l’anno prossimo il personale
costerà il 75,7 per cento e anche quello 0,1 in più sarà a danno
dell’investimento. Nel 2010 le cifre, che già erano negative, mostravano invece
il 65,4 per cento per il personale, il 22,3 per l’investimento e il 12,3 per
l’esercizio. Gli impegni delle Forze armate aumentano a causa della sempre più
instabile situazione internazionale mentre mancano certezze sul futuro.
Sul
fronte aeronautico continua il progetto degli aerei F35, il cui primo esemplare
è stato consegnato all’Italia nello scorso dicembre; su quello della
Marina, la legge navale consentirà
con 5,4 miliardi di euro di avere 6 pattugliatori d’altura, 1 nave anfibia, 1
nave logistica e 2 mezzi veloci per incursori mentre entro il 2025 saranno
radiate oltre 50 unità; l’Esercito, pur essendo la Forza armata più grande e
inevitabilmente la più impegnata, può solo sperare in una legge
speciale che garantisca fondi certi e una programmazione
pluriennale per la necessaria evoluzione tecnologica e di mezzi. Lo stesso
presidente della commissione Difesa del Senato, Nicola Latorre (Pd), al
convegno del Centro studi internazionali del 12 gennaio sul futuro
dell’Esercito, ha condiviso la necessità di una legge speciale che
diventa sempre più urgente.
fronte aeronautico continua il progetto degli aerei F35, il cui primo esemplare
è stato consegnato all’Italia nello scorso dicembre; su quello della
Marina, la legge navale consentirà
con 5,4 miliardi di euro di avere 6 pattugliatori d’altura, 1 nave anfibia, 1
nave logistica e 2 mezzi veloci per incursori mentre entro il 2025 saranno
radiate oltre 50 unità; l’Esercito, pur essendo la Forza armata più grande e
inevitabilmente la più impegnata, può solo sperare in una legge
speciale che garantisca fondi certi e una programmazione
pluriennale per la necessaria evoluzione tecnologica e di mezzi. Lo stesso
presidente della commissione Difesa del Senato, Nicola Latorre (Pd), al
convegno del Centro studi internazionali del 12 gennaio sul futuro
dell’Esercito, ha condiviso la necessità di una legge speciale che
diventa sempre più urgente.
Molte
speranze sono riposte nel Libro bianco della Difesa, oggi
ancora nella fase teorica. Prevede un regime più economico e più
giovane dell’attuale a parità di 150 mila unità e ha l’obiettivo ambizioso di
portare al 50 per cento le quote tra il personale in servizio permanente e
quello in servizio a tempo determinato, rispetto al rapporto 88-12 per cento
attuale. Per questo è previsto un «Progetto lavoro futuro» che favorisca
l’inserimento nel mondo del lavoro. Soprattutto, prevede una «Pianificazione di
lungo termine» in base alla quale dovrebbe essere varata «una legge pluriennale
sugli investimenti per la Difesa che il governo presenterà al Parlamento».
speranze sono riposte nel Libro bianco della Difesa, oggi
ancora nella fase teorica. Prevede un regime più economico e più
giovane dell’attuale a parità di 150 mila unità e ha l’obiettivo ambizioso di
portare al 50 per cento le quote tra il personale in servizio permanente e
quello in servizio a tempo determinato, rispetto al rapporto 88-12 per cento
attuale. Per questo è previsto un «Progetto lavoro futuro» che favorisca
l’inserimento nel mondo del lavoro. Soprattutto, prevede una «Pianificazione di
lungo termine» in base alla quale dovrebbe essere varata «una legge pluriennale
sugli investimenti per la Difesa che il governo presenterà al Parlamento».
Intanto
che si fa? Il New York
Times del 30 gennaio (riprendendola dal sito italiano
Wikilao) ha pubblicato la lettera che il segretario alla Difesa statunitense, Ashton
Carter, ha scritto il 1° dicembre scorso ai ministri della Difesa alleati,
tra cui Roberta Pinotti alla quale Carter si è rivolto
sottolineando che «apprezziamo profondamente l’impegno dell’Italia in questa
lotta, tuttavia c’è ancora molto lavoro da fare» contro l’Isis: per esempio,
secondo Carter, l’Italia potrebbe mandare più uomini e mezzi in Iraq per
addestramento, intelligence e ricognizione e magari bombardare con i Tornado.
Il segretario alla Difesa parla a nuora perché suocera intenda, dove la suocera
è ovviamente Matteo Renzi. Quasi due mesi dopo quella lettera, il
20 gennaio, Pinotti ha annunciato che nel prossimo decreto missioni l’Italia
inserirà un nuovo impegno antiterrorismo per rispondere alle richieste di François
Hollande dopo gli attentati di Parigi mentre, secondo il Corriere
della Sera del 31 gennaio, il governo avrebbe risposto ancora no
agli Usa sui bombardamenti dei Tornado. La priorità è la Libia dove, però, la
situazione resta confusa almeno quanto il tipo di impegno che assumerà
l’Italia.
che si fa? Il New York
Times del 30 gennaio (riprendendola dal sito italiano
Wikilao) ha pubblicato la lettera che il segretario alla Difesa statunitense, Ashton
Carter, ha scritto il 1° dicembre scorso ai ministri della Difesa alleati,
tra cui Roberta Pinotti alla quale Carter si è rivolto
sottolineando che «apprezziamo profondamente l’impegno dell’Italia in questa
lotta, tuttavia c’è ancora molto lavoro da fare» contro l’Isis: per esempio,
secondo Carter, l’Italia potrebbe mandare più uomini e mezzi in Iraq per
addestramento, intelligence e ricognizione e magari bombardare con i Tornado.
Il segretario alla Difesa parla a nuora perché suocera intenda, dove la suocera
è ovviamente Matteo Renzi. Quasi due mesi dopo quella lettera, il
20 gennaio, Pinotti ha annunciato che nel prossimo decreto missioni l’Italia
inserirà un nuovo impegno antiterrorismo per rispondere alle richieste di François
Hollande dopo gli attentati di Parigi mentre, secondo il Corriere
della Sera del 31 gennaio, il governo avrebbe risposto ancora no
agli Usa sui bombardamenti dei Tornado. La priorità è la Libia dove, però, la
situazione resta confusa almeno quanto il tipo di impegno che assumerà
l’Italia.
I
militari attendono ordini, li eseguono e magari si innervosiscono un po’. La
prossima legge di stabilità sarà discussa da settembre (quando ci sarà anche la
campagna referendaria sulla riforma costituzionale): ancora una volta
incroceranno le dita sperando in quell’inversione di tendenza auspicata da
Stoltenberg.
militari attendono ordini, li eseguono e magari si innervosiscono un po’. La
prossima legge di stabilità sarà discussa da settembre (quando ci sarà anche la
campagna referendaria sulla riforma costituzionale): ancora una volta
incroceranno le dita sperando in quell’inversione di tendenza auspicata da
Stoltenberg.