STRAVINCE IN CAUSA L’ASSISTENTE DELLA POLIZIA DI STATO SULLA RICHIESTA DI ASSEGNAZIONE TEMPORANEA EX ART. 42 BIS
(di Avv. Francesco Pandolfi) – In primo piano tornano prepotentemente le esigenze di tutela dell’unità familiare: ecco un’altra sentenza devastante (per l’Amministrazione) che tutti gli addetti ai lavori debbono tenere sempre presente se sono in procinto di presentare un’istanza ai sensi dell’art. 42 bis. Nel caso in cui l’Amministrazione parli prevalentemente delle esigenze della sede di provenienza ed ometta di valutare le esigenze della sede di destinazione richiesta dall’interessato, oppure si limiti a motivazioni superficiali senza dire veramente perché nega il beneficio dell’assegnazione temporanea ai sensi del nuovo art. 42 bis d. lgs. 151/01, il suo ricorso sarà accolto in primo grado davanti al Tar e la sentenza favorevole sarà pure confermata in appello davanti il Consiglio di Stato.
Questo è il risultato delle due fasi della causa affrontata, in ultimo, dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 1317 del 01.04.2016.
la sentenza favorevole di primo grado
Il ricorso iniziale proposto dall’assistente della Polizia di Stato ha riguardato il provvedimento con il quale l’Amministrazione, acquisito il parere negativo dell’ufficio di appartenenza, ha respinto l’istanza volta ad ottenere l’assegnazione temporanea ai sensi dell’art. 42-bis presso la sede di Bari e prodotta dallo stesso assistente quale padre di una minore residente insieme con la madre, che svolge la sua attività di addetta allo smistamento della posta.
Il Tar, con la sentenza n. 78 del 30.1.2015, ha accolto il ricorso, rimettendo all’Amministrazione il riesame dell’istanza.
L’Amministrazione, dopo avere acquisito un nuovo parere dalla Questura ha emanato un nuovo provvedimento negativo, impugnato dall’interessato: il Tar ha accolto il ricorso, sollecitando l’Amministrazione ad un ulteriore attento e motivato riesame al fine di procedere ad una ponderazione delle esigenze dell’ufficio di provenienza, comparate con la sede richiesta per l’assegnazione temporanea.
Ha quindi proposto appello il Ministero dell’Interno e, nel lamentarne l’erroneità, ne ha chiesto, previa sospensione, la riforma.
la decisione favorevole del Consiglio di Stato
Il primo giudice ha censurato, in particolare, che il provvedimento faccia riferimento alle esigenze della sede di provenienza, relativamente al controllo del territorio, all’aumentato numero di reati predatori e ai problemi di ordine pubblico allo stadio, senza tuttavia curarsi delle possibili esigenze presenti presso la sede di destinazione, e ciò nonostante la sentenza n. 78/2015 dello stesso Tar che aveva annullato un precedente diniego.
L’art. 42-bis, comma 1, del d.lgs. 151/2011, occorre qui ricordare in premessa, stabilisce che “il genitore con figli minori fino a tre anni di età dipendente di amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, può essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione. L’eventuale dissenso deve essere motivato e limitato a casi o esigenze eccezionali. L’assenso o il dissenso devono essere comunicati all’interessato entro trenta giorni dalla domanda”.
È ormai pacifica nella giurisprudenza di questo Consiglio, dopo iniziali dubbi, l’applicabilità dell’art. 42-bis al personale delle Forze di Polizia (Cons. St., sez. III, 16.12.2013, n. 6016).
Per altrettanto consolidata giurisprudenza di questo Consiglio, il beneficio di cui all’art. 42-bis, consistente nella possibilità per il pubblico dipendente con un figlio di età inferiore a tre anni di chiedere l’assegnazione ad una sede di servizio nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa, non costituisce un diritto incondizionato del dipendente, ma è rimesso ad una valutazione relativamente discrezionale dell’Amministrazione ed è soggetto ad una duplice condizione, in quanto la disposizione in esame lo consente subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle Amministrazioni di provenienza e di destinazione (Cons. St., sez. III, 3.8.2015, n. 3805).
Trattandosi di disposizioni rivolte a dare protezione a valori di rilievo costituzionale, tuttavia, ogni eventuale limitazione o restrizione nella relativa applicazione dovrebbe comunque essere espressamente dettata e congruamente motivata (Cons. St., sez. IV, 14.5.2015, n. 2426) e anzi, come prevede lo stesso art. 42-bis, il dissenso delle Amministrazioni di provenienza e di destinazione deve essere limitato a casi o a esigenze eccezionali.
Sul piano generale, l’appello del Ministero, al di là del dirimente rilievo della sua inammissibilità per la mancata impugnazione del capo della sentenza relativo alla ritenuta violazione dell’art. 10-bis della l. 241/1990, è infondato perché il provvedimento di dissenso al trasferimento impugnato in primo grado non sembra recare la circostanziata e precisa esternazione di motivi “eccezionali” giustificanti il dissenso dell’Amministrazione.
Non pare francamente che l’aumento dei reati predatori, che desterebbe un allarme senza precedenti nella cittadinanza, e la presenza di due squadre calcistiche, di cui una militante in serie A e l’altra in serie B, costituiscano una ragione “eccezionale” di deroga alle esigenze di unità familiare di rilievo costituzionale, tutelate dall’art. 42-bis del d.lgs. 151/2001, che stanno a fondamento dell’istituto in questione.
La necessità di prevenire o perseguire i reati predatori in aumento, senza specificazione della loro vastità o gravità, o quella di garantire l’ordine pubblico durante le manifestazioni sportive sono ordinariamente fronteggiate dai settori operativi delle Questure in ogni centro urbano di grande o media dimensione, sicché tali ragioni non sono validamente opponibili al richiedente ove manchi come nel caso di specie, da parte del Ministero, la dimostrazione della loro eccezionale rilevanza o per l’incremento straordinario dei servizi operativi atti a soddisfare dette necessità o per la notevole e non diversamente colmabile carenza di organico, in ipotesi enormemente sottodimensionato rispetto alle predette necessità.
Né può integrare l’onere motivazionale gravante sull’Amministrazione la ragione secondo cui “l’assegnazione temporanea del dipendente ad altra sede si ripercuoterebbe negativamente sull’andamento del predetto ufficio e la mancanza di unità di personale a disposizione comporterebbe un aggravio di lavoro per gli altri operatori addetti”, poiché si tratta di argomento che prova troppo, annullando la ratio di tutela insita in ogni trasferimento previsto dall’art. 42-bis, per essere ogni trasferimento temporaneo cagione di una diversa organizzazione dei servizi nell’ufficio di provenienza, con potenziale aggravio del lavoro per i lavoratori rimasti in tale ufficio.