STRAORDINARIO CARABINIERI NELLE AMBASCIATE, Il TAR: L’INDENNITÀ È ONNICOMPRENSIVA MA LE ORE IN ECCESSO DEVONO ESSERE RECUPERATE
L’EVOLUZIONE DEL DIRITTO
Il panorama giuridico per i Carabinieri in servizio all’estero registra una svolta significativa con una pronuncia del TAR Campania del maggio 2024. La sentenza segna un punto di discontinuità rispetto al consolidato orientamento del 2018, quando il TAR Lazio aveva categoricamente escluso ogni forma di compensazione per il lavoro straordinario, ritenendo l’indennità di servizio all’estero (ISE) totalmente assorbente di ogni prestazione aggiuntiva.
L’EPOCA DEL “NON SPETTA NULLA”
Il 12 luglio 2006, il Comandante dei Carabinieri del MAE, sulla base della Legge 838/1973 e dell’art. 39 del D.L. 273/2005, forniva un’interpretazione normativa destinata a definire per anni la gestione degli straordinari del personale all’estero: “i militari dipendenti, a prescindere dalla articolazione dei turni giornalieri sulla base di 5 o 6 giorni settimanali, non hanno diritto a recuperare alcunché qualora nei 5 o 6 giorni lavorativi prestino servizio in eccedenza all’orario d’obbligo.”
Va tuttavia precisato che, mentre le norme citate stabiliscono che i trattamenti economici per i servizi all’estero “hanno natura accessoria” e vengono erogati “in sostituzione dei compensi per il lavoro straordinario“, le stesse non contengono alcuna disposizione che neghi esplicitamente il diritto al recupero compensativo delle ore lavorate in eccedenza.
IL CONTRASTO GIURISPRUDENZIALE
Una sentenza del TAR Lazio del 2018 aveva cristallizzato un principio netto: nessuna ulteriore remunerazione oltre l’ISE. Il TAR Campania, invece, con un’interpretazione innovativa, riconosce che “il carattere onnicomprensivo dell’indennità di servizio all’estero non può tradursi nella negazione del diritto al recupero delle ore lavorate in eccesso”. Una svolta che introduce il principio del recupero compensativo come diritto del militare, bilanciando le esigenze operative con i diritti del personale.
Ecco l’importante principio riportato dal TAR:
“Orbene, da quanto precede emerge che in mancanza di norme che regolamentino direttamente ed espressamente l’ipotesi in cui venga prestata attività lavorativa oltre l’orario di lavoro da parte di carabiniere in servizio presso le rappresentanze diplomatiche italiane all’estero e tenuto conto che le relative prestazioni non possono essere retribuite quale lavoro straordinario è innegabile in linea di principio il diritto dello stesso a fruire del diritto al riposo compensativo. Del resto – precisa il TAR – nel nostro sistema costituzionale, improntato al rispetto della dignità del lavoratore, non sarebbe possibile ammettere che il dipendente, da una parte, sia tenuto a prestare attività lavorativa oltre il proprio orario di lavoro (senza alcuna possibilità di rifiutarsi stante il contenuto delle disposizioni suddette) e, dall’altra, non possa né vedersi retribuite tali ore, né in alcun modo recuperare le energie psico-fisiche consumate nello svolgimento di tale attività lavorativa prestata oltre l’orario di lavoro per mezzo della fruizione di un corrispondente numero di ore di riposo compensativo.”
MEMORIALE DI SERVIZIO: UN DOCUMENTO SENZA VALORE?
In questa sentenza del TAR Campania emerge, però, un aspetto procedurale significativo. L’Amministrazione, infatti, nella memoria depositata il 22 marzo 2024, sostiene che “il memoriale di servizio giornaliero sarebbe mero documento interno all’Arma dei Carabinieri e non avrebbe valore documentale ai fini dell’attestazione del servizio prestato”.
Un diritto viene riconosciuto sulla carta, ma contestualmente se ne svuota la sostanza: dichiarando il memoriale di servizio “mero documento interno”, l’Amministrazione si sottrae elegantemente dall’onere della prova, rendendo di fatto inapplicabile quanto teoricamente dovuto al militare che ha fatto ricorso.
Una posizione che solleva interrogativi rilevanti: in assenza di un sistema di rilevazione elettronico, quale strumento può attestare le ore di servizio effettivamente prestate? Inoltre, se il memoriale di servizio – documento ufficiale utilizzato quotidianamente – non ha valore probatorio nemmeno in sede di contenzioso, ci si chiede quale sia la sua effettiva funzione operativa e giuridica nell’organizzazione del servizio.
IL QUADRO NORMATIVO
Tornando al principio innovatore contenuto nella sentenza ovvero quello del recupero compensativo, l’analisi della normativa di riferimento rivela un vuoto significativo. Né la Legge 838/1973 né il D.L. 273/2005 qualificano espressamente l’ISE come “onnicomprensiva”. È stata la giurisprudenza amministrativa a sviluppare questa interpretazione attraverso diverse pronunce (Cons. St., sez. IV, n. 2014/2009; Cons. St., n. 3550/2008). Oggi, il TAR Campania introduce un elemento di novità: pur confermando la natura onnicomprensiva dell’indennità sotto il profilo economico, riconosce il diritto al recupero delle ore eccedenti come forma di tutela del militare.
VERSO UNA NUOVA ERA: L’AMMINISTRAZIONE AL BIVIO
La sentenza del TAR Campania apre uno scenario tanto atteso quanto complesso, ponendo l’Amministrazione della Difesa di fronte a un bivio ineludibile. Non si tratta più solo dei Carabinieri, ma di tutto il personale militare in servizio presso le rappresentanze diplomatiche, chiamato spesso a prestazioni extra che ora richiedono una regolamentazione chiara e univoca.
Il nodo gordiano è duplice: da un lato, la necessità di superare un’interpretazione che per decenni ha negato persino l’evidenza, dall’altro l’urgenza di disciplinare il recupero degli straordinari pregressi, che rischiano di trasformarsi in un diritto “fantasma”. Il principio stabilito dal TAR è chiaro: le ore lavorate in eccesso, seppur non monetizzabili, devono essere recuperate.
La questione del recupero entro quattro mesi citata dal TAR Campania è un fattore determinante: cosa accade quando, per esigenze di servizio, il recupero viene sistematicamente negato? Il rischio è quello di creare un circolo vizioso dove il diritto al recupero, pur riconosciuto, viene vanificato dal decorso del tempo. Un paradosso giuridico che potrebbe generare nuovo contenzioso.
L’Amministrazione è ora chiamata a un cambio di paradigma: dall’interpretazione restrittiva a una regolamentazione basata sul buon senso e sulla tutela effettiva dei diritti del personale.
La palla ora è nel campo del Ministero della Difesa: dalla sua capacità di interpretare correttamente il nuovo corso dipenderà non solo la tutela dei diritti del personale, ma anche l’efficienza stessa del servizio nelle sedi diplomatiche.
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