STRAGE DI NIZZA: ATTENTATI TEORIZZATI DUE ANNI FA, SULLA RETE LE LINEE GUIDA
Scrisse al-Adnani: “…fare affidamento su Allah è imprescindibile per portare a termine la missione ed uccidere un infedele. Poi potresti spaccargli la testa con una pietra, macellarlo con un coltello, investirlo con l’auto, gettarlo da un luogo elevato, soffocarlo o avvelenarlo”.
Nato nel 1977 a Binnish, nella Siria occidentale, Abu Mohammed al-Adnani il cui vero nome è Taha Subhi Falaha, è il portavoce ufficiale dello Stato Islamico dell’Iraq. Emiro dell’Isis in Siria, su di lui pende una taglia di 5 milioni di dollari posta dal Dipartimento di Stato USA. La sua carriera da terrorista inizia da giovanissimo in Iraq contro le forze della coalizione.
Catturato dagli americani nel 2005, trascorre cinque anni nella prigione di Camp Bucca. Dal 2010 al 2012 cambia più volte identità: Taha al-Banshi, Jaber Taha Falah, Abu Baker Al-Khattab, Abu Sadek al-Rawi fino al suo attuale nome Mohamed al-Adnani. Raggiunto da sanzioni il 15 agosto del 2014 dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, è inserito nella “Kill List” del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti tre giorni dopo.
L’ennesima tragedia avvenuta poche ora fa a Nizza, dimostra la nostra collettiva incapacità di comprendere le vere dimensioni del terrorismo. Al di là di quanto si possa affermare, non esiste un paese sicuro ed in grado di prevenire il terrorismo. Quest’ultimo, per sua stessa natura, necessita soltanto della volontà dei suoi autori per diventare reale. Purtroppo, fino a quando ci saranno individui disposti a sacrificare la propria vita per una causa considerata “santa”, il terrorismo non può essere contrastato.
A differenza dagli attacchi di Parigi, i fatti di Nizza sembrerebbe essere stati eseguiti da un singolo individuo. Sembrerebbe mancare l’appoggio di un gruppo organizzato che sappiamo aver avuto un ruolo fondamentale nella strage del 13 novembre scorso. L’indipendenza di tali attacchi, li rende impossibili da prevenire.
Gli attacchi di Nizza dimostrano ancora una volta come lo Stato islamico e gli altri gruppi della jihad globale, stiano abbandonando gli attacchi terroristici elaborati. Questi richiedono enormi quantità di denaro ed una attenta pianificazione ed espone le cellule ai servizi segreti. Sarebbe corretto affermare che siamo davanti ad un’evoluzione del terrorismo, trasformato in brand. Una volta avvenuto l’attacco, lo Stato islamico se ne appropria, ponendo il proprio sigillo, glorificando gli esecutori che hanno raggiunto il martirio per quella jihad senza fine contro i miscredenti. La maggior parte non ha nemmeno bisogno di una motivazione individuale. La rete fa il resto. Romanzando il successo del terrore lo si rende accessibile a chiunque. Chiunque, senza alcuna particolare abilità, ma solo con una volontà di ferro, potrebbe uccidere la gente e farsi ammazzare, partecipando al macabro rituale degli omicidi.
Se è vero che da un lato siamo davanti ad un’evoluzione del terrorismo, dall’altro molti degli attentati recenti sono stati teorizzati anni fa. Riportiamo alcuni esempi.
20 marzo 2014. Pubblicate sulla rete le informazioni per assemblare una granata con semplici articoli per la casa come bombole a gas e chiodi. Il dispositivo può essere impostato dal “martire”, da un timer o con un detonatore a distanza. Si legge sulla guida: “Preparate l’autobomba poche ore prima dell’operazione così nessuno potrà accusarvi di preparare un attentato e ricordatevi di distribuire tutti gli ingredienti per casa. L’autobomba serve per uccidere le persone, ma non per distruggere gli edifici. Pertanto cercate occasioni specifiche come le campagne elettorali o le feste di beneficenza”. I terroristi avevano già capito l’importanza dei target di basso profilo e consigliavano di colpire ristoranti, bar, teatri, stadi e mete turistiche. Pochi mesi dopo, attentati avvengono in Francia, Belgio, Turchia e Tunisia. I target sono i medesimi consigliati due anni prima.
Il prossimo attentato a Natale? Inspire suggeriva anche i migliori periodi dell’anno per un attacco terroristico e suggerisce il Natale come occasione propizia per uccidere infedeli. Travestitevi da Babbo Natale – si legge – e fatevi saltare in aria.
24 Dicembre 2014. Nel numero invernale di Inspire, magazine di Al-Qaeda, si suggeriscono i bersagli da colpire. Nell’articolo chiamato “Field Tactics”, l’autore spiega come nascondere ordigni esplosivi. Si spiega che l’attentato in se non deve essere visto come la “semplice” detonazione di un ordigno, ma come uno strumento che possa danneggiare l’economia del nemico (USA in primis).
I terroristi, alcuni anni fa, intuirono la fondamentale importanza di internet come strumento per diffondere la cultura anti-occidentale e reclutare nuove cellule. Il terrore non potrà mai essere completamente contenuto: le probabilità che qualcuno possa prendere una pistola per spazzare via i presunti nemici è reale e costante, ma potrebbero esserci dei punti di partenza. Quali? Negare la cassa di risonanza.
I terroristi amano l’attenzione dei media. Se la stessa, per episodi come quelli di Nizza, invece che sui terroristi si spostasse sulle persone colpite, sulla loro tragedia e la loro storia, gli attentati potrebbero diventare meno eroici nel mondo radicale. Appare evidente che quella che stiamo combattendo, è in primis una guerra ideologica. Il mondo deve trovare modi per affrontare la diffusione dell’ideologia salafita, una minaccia globale.
I media tendono a concentrarsi troppo sulle cause profonde del terrorismo, che regala ai terroristi la giustificazione ideologica per la violenza. L’analisi diffusa dei media finisce per favorire soltanto il terrore.
Ci sarebbe poi un problema di natura letterale. Se al terrorismo associamo i termini di riferimento come quello dicalamità, si svilupperà una visione karmica dei suoi effetti negativi.
Abbiamo bisogno di indignazione, non di paura.