Spaccio al cimitero: assolto carabiniere. La lettera del maresciallo: “L’incubo peggiore che possa capitare”
“Dopo quasi due anni è finalmente terminato l’incubo peggiore che possa capitare ad un servitore dello Stato”. Comincia con queste parole la lettera di un maresciallo dei carabinieri in servizio alla compagnia di Monterotondo. Era il giugno del 2021 quando nell’ambito di una maxi operazione antidroga degli stessi investigatori dell’Arma vennero indagate 22 persone, ritenute responsabili di una attività di spaccio di droga, modello drive in, allestita da una banda con base operativa un chiosco di fiori al cimitero di Prima Porta. Operazione Cleopatra, questo il nome dell’indagine nel corso della quale vennero indagati anche due carabinieri e un poliziotto, che secondo le accuse formulate allora dagli inquirenti avrebbero fornito informazioni riservate al fine di assicurare la prosecuzione delle attività di vendita e di consentire al gruppo di eludere investigazioni e interventi.
A distanza di quasi due anni uno dei militari coinvolti nella vicenda è stato assolto con formula piena dalla settima sezione penale del tribunale di Roma, con la formula più piena prevista dal nostro codice di procedura penale ossia “perché il fatto non sussiste”. Luogotenente Filippo Mondello in servizio alla compagnia di Monterotondo che – tramite i propri avvocati difensori – ha poi scritto e reso pubblica una lettera nella quale racconta nel dettaglio “l’incubo peggiore”.
“Un’accusa infamante creata ad arte, mistificando, amplificando e travisando la verità e della quale i responsabili dovranno dare conto nelle sedi opportune, non per vendetta, ma per sete di Giustizia, perché non si può rovinare la vita di un uomo con tanta superficialità. Questa vicenda mi ha cambiato e stravolto la vita, dandomi delle grosse lezioni: la Famiglia è l’unica àncora di salvezza, l’unica che non ti abbandona mai – scrive il maresciallo dell’Arma -. Mi sono trovato solo, abbandonato, deriso e con il mio nome sbattuto sui giornali incuranti di come avrebbero potuto reagire i miei figli, di cui una, all’epoca, minorenne”.
Una lunga missiva con la quale il carabiniere, detenuto per mesi agli arresti domiciliari, chiede agli organi di stampa che venga dato lo stesso risalto all’assoluzione, così come fatto quando vennero comunicati i 22 indagati nel giugno del 2021: “Adesso mi aspetto che quei direttori, che all’epoca mi condannarono ancor prima di un Tribunale, diano risalto allo stesso modo alla mia assoluzione. Alla mia Famiglia va un ringraziamento dal profondo del cuore. A quei pochi amici e colleghi che mi sono rimasti accanto dico grazie, grazie e ancora grazie, mi avete fatto comprendere che cosa significa la parola amicizia. Ai miei legali Giuseppe Rossodivita, Marco Di Andrea e Barbara Celestini Campanari un abbraccio di vero cuore per avermi supportato ma soprattutto sopportato nelle mie angosce e paure. Infine ringrazio l’imprenditore che, assumendomi nella sua azienda, mi ha permesso in questi due anni di continuare a vivere dignitosamente. Adesso riprendo in mano la mia vita, deciso a indossare nuovamente la mia uniforme che ho portato con dignità e onore per trentasei anni”.
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