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“SEGUITE L’ESEMPIO DI VOSTRO PADRE”, IN 800 SULL’ATTENTI PER L’ADDIO AL PARÀ

(di Federico Lazzotti) – Baschi amaranto, tute mimetiche lungo le quali scivolano lacrime, commozione, pioggia e silenzio. Dentro alla caserma Vannucci erano in
800, tutti sull’attenti, chi fisicamente chi solo con il pensiero e il ricordo,
per l’ultimo saluto ad Alessandro Solimine, l’incursore del nono
reggimento “Col Moschin” originario di Torino, marito e padre di due
figli, morto tragicamente lunedì pomeriggio in un incidente stradale
sul viale D’Annunzio, a Pisa
 .

Spiega durante l’omelia don Marco Menin, cappellano della
Folgore, rivolgendosi ai figli del paracadutista, seduti in prima fila
abbracciati a mamma Daniela. “Fate il vostro dovere costi quel che costi.
Esiste per ciascuno un compito che va svolto: tenete caro questo progetto. Il
progetto è affidato a voi. Quelli che avevano la tempra di Alessandro si
comportavano abbracciando un compito per farne una missione. Accanto a questo
comandamento c’è un secondo ammonimento: non siamo super uomini ma uomini. Alla
vanità – diceva – bisogna aderire alla vita reale. Lui amava la campagna, ed è
una metafora di chi tiene i piedi per terra. L’ultimo testamento spirituale
racchiude una dose di saggezza. Si tratta di non prendersela. E come?
Affrontando le disavventure con il sorriso, fermare la sofferenza e reagire per
continuare a vivere. E ancora: porre un limite oltre il dolore, affinché il
male non invada quel confine. Ecco perché è necessario che il bene sia la luce
che piano piano darà un senso a questo dolore”.
L’addio alla Vannucci di Livorno, poi la cremazione al cimitero dei Lupi.
La Procura indaga sulla velocità dell’auto che ha centrato la Panda del
militare
Impossibile contenere gli amici e i commilitoni all’interno della
cappella della caserma, ecco perché per l’ultimo saluto, i vertici della
Folgore hanno allestito la camera ardente all’interno della sala cinema dove il
parà è stato portato a spalla
, avvolto dalla bandiera tricolore dai
colleghi.
In una lunga marcia funebre immersa nel silenzio e nelle nuvole.
“Alessandro – va avanti il parroco citando il vangelo di Matteo – l’ho
conosciuto in questi giorni, ma solo indirettamente  indirettamente.
L’uomo non è fatto per la morte ma per la vita. Siamo creati per qualcosa che
va oltre e lui lo sapeva. La maggior vittoria è quella che si riporta giorno
dopo giorno vincendo con le nostre debolezza. E lui ha sfidato ogni giorno la
vita per un mondo migliore. Non è facile – prosegue – credere alla meta, ma
alzando il capo nella fede incontriamo Alessandro. Il suo volto illumina e si
fa parola. Dandoci la forza per guardare il domani”.
Aggiunge il maggiore Giovanni Mariani, responsabile del
servizio. “In un momento tanto triste siamo riusciti ricordare il nostro
collega ed amico toccando le corde della sensibilità dei familiari e dei
commilitoni”.
Al termine della cerimonia la salma dell’incursore del Col Moschin è
stata trasferita al cimitero dei Lupi per la cremazione. 

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