Rinnovo contratti, mini aumenti a rischio se il governo cade
La spaccatura che si è aperta nel Governo lascia molti dubbi sugli aumenti degli stipendi nella Pubblica amministrazione. Il rinnovo arrivato tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018, con gli 85 euro medi di aumento (per il solo 2018), rischiano di essere una meta irraggiungibile per il nuovo contratto.
Il tutto in attesa della legge di Bilancio 2020 che, nella situazione attuale, non lascia grandi possibilità di manovra sia sul fronte dei contratti che su quello dei concorsi.
Con la legge di Bilancio approvata lo scorso anno, il governo Conte aveva aperto ad aumenti di stipendio nel pubblico impiego, stanziando 1,1 miliardi nel 2019, 1,4 miliardi nel 2020 e 1,7 miliardi nel 2021. Affinché questi aumenti divettino effettivi, però, è necessario firmare il rinnovo del contratto per il triennio 2019-2021. La firma era attesa entro la fine dell’anno ma ora è a rischio proprio a causa della crisi di governo.
Per il rinnovo contrattuale dei lavoratori pubblici, il Def aveva introdotto aumenti di stipendio dell’1,95%, che nei fatti avrebbe portato ad incrementi tra i 40 e i 50 euro mensili in busta paga. Aumenti comunque inferiori a quelli che erano stati introdotti per il triennio 2016-2018 dal governo Gentiloni, quando l’incremento salariale era stato del 3,48%, pari a 85 euro in media in più al mese.
Quelli previsti dal governo Conte sono stati definiti dei “mini aumenti”, comunque importanti per chi percepisce uno stipendio già basso e rischia ora di veder sfumata questa possibilità di incremento di guadagno.