Premeva solo il tasto “Z”: il poliziotto smascherato per finta attività davanti al PC
Il caso assurdo di Liam Reakes, l’agente “fantasma” davanti al computer
No, non è un episodio dei Simpson e nemmeno una gag da The Office: è tutto vero e accaduto in Inghilterra, più precisamente a Yeovil, nel Somerset. Protagonista della vicenda è Liam Reakes, ex agente di polizia, accusato di grave negligenza professionale per aver finto di lavorare da casa premendo ripetutamente lo stesso tasto sulla tastiera del suo laptop.
Durante un’indagine interna, è emerso che Reakes ha abusato del tasto “z”, digitandolo a intervalli regolari tra giugno e settembre 2024, per far risultare il proprio computer “attivo” e dare l’illusione che stesse lavorando. Il suo stratagemma ha portato alla perdita di oltre 100 ore di servizio effettivo.
Un piano tanto semplice quanto ingenuo
Secondo quanto emerso durante l’udienza della commissione di polizia di Avon, l’agente Reakes utilizzava un file Word completamente vuoto nel quale scriveva ripetutamente la lettera “z”. L’obiettivo era far sì che il sistema informatico rilevasse attività costante sulla tastiera, facendolo apparire operativo anche durante le ore in cui non stava svolgendo alcun compito reale.
Il trucco, tuttavia, si è rivelato controproducente. Proprio l’insolito numero di battute registrate rispetto ai risultati ottenuti ha sollevato sospetti. Il sistema ha rilevato un’anomalia clamorosa: centinaia di migliaia di digitazioni con pochissimi fascicoli realmente chiusi.
Reakes, presente all’udienza, ha ammesso di aver digitato la lettera “z” in un file, ma ha negato che lo scopo fosse quello di simulare il lavoro. Una difesa debole, che non ha convinto affatto la commissione.
Radiato e interdetto: le conseguenze disciplinari
Reakes si era già dimesso al momento della sentenza, ma il verdetto è stato comunque pesante: interdizione definitiva dal servizio nelle forze dell’ordine. Il colpo di grazia è arrivato dal commento di Larisa Hunt, sovrintendente del dipartimento degli standard professionali della polizia:
“L’uso di qualsiasi dispositivo o sistema per simulare l’attività è ingannevole e inaccettabile. Ha tradito la fiducia della comunità e dei suoi colleghi, che continuano a lavorare sotto pressione.”
Una frase che riassume perfettamente la gravità etica e professionale del gesto. Reakes era già stato assegnato a un tutor per evidenti problemi di rendimento prima ancora che l’anomalia sulla tastiera venisse scoperta. Il comportamento scorretto è stato la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
L’effetto boomerang del “lavoro agile”
Il caso Reakes si inserisce in un contesto più ampio: quello del lavoro da remoto nelle forze di polizia, una modalità relativamente nuova e ancora soggetta a scarsa regolamentazione e controllo. L’episodio pone l’attenzione sulla necessità di monitorare efficacemente le prestazioni anche in modalità “smart working” – soprattutto in un settore delicato come quello della sicurezza pubblica.
Per chi sperava di fare il furbo con una semplice pressione ripetitiva sulla tastiera, il messaggio è chiaro: non si può ingannare il sistema, né tantomeno i propri colleghi o la fiducia della comunità.
Infodifesa è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale
Cosa Aspetti? Al costo di meno di un caffè al mese potrai leggere le nostre notizie senza gli spazi pubblicitari ed accedere a contenuti premium riservati agli abbonati – CLICCA QUI PER ABBONARTI