Poliziotto lasciava il lavoro di nascosto per molestare una trentenne: indagato anche per truffa
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INTERROGATORI
«La notte tra il 15 e il 16 giugno – aveva detto il poliziotto – ero di turno notturno nel carcere di Rebibbia, risulta agli atti di servizio. Quel molestatore seriale non sono io. Vi sbagliate». Un alibi di ferro che avrebbe dovuto smontare anche il secondo pedinamento considerato che la vittima, nella denuncia, aveva sostenuto di aver riconosciuto nell’osceno lo stesso uomo che l’aveva seguita il 15 giugno. Il pm Claudia Alberti fatta scattare la misura cautelare, ha ricostruito i movimenti del poliziotto tramite il suo smartphone. Il telefonino dell’agente aggancia la cella dell’area del carcere all’inizio del turno, poi si sposta in un altro quartiere agganciando anche la zona del molestatore, per rientrare nell’area di Rebibbia dopo ore. Da qui la contestazione di truffa ai danni dello Stato: l’assistente capo, secondo il magistrato, avrebbe interrotto il turno di servizio, per cui veniva retribuito, per uscire e fare altro.
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I TURNI
Il pm ha poi interrogato i due colleghi di turno nel carcere la notte della contestazione. «Impossibile allontanarsi senza allertare i colleghi», avrebbero riferito. La procura però non esclude passaggi da uscite secondarie. Secondo il giudice che ad agosto ha firmato l’arresto, l’agente, tuttora detenuto, avrebbe usato «modalità seriali e impulsi sessuali irrefrenabili». Il cinquantenne, per l’accusa, si sarebbe invaghito di una donna più giovane di vent’anni sorprendendola più volte la notte alle spalle vicino casa. Lei aveva denunciato e di fronte all’individuazione fotografica non ha avuto dubbi nell’indicare l’indagato, che poi si è rivelato un agente di polizia. Un primo piano del poliziotto era finita in archivio anni fa accusato di molestie sessuali, un procedimento poi archiviato.