Polizia Penitenziaria, proposta controversa: innalzare età pensionabile per coprire carenze organiche
Il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Giovanni Russo, ha recentemente proposto l’innalzamento di due anni dei limiti di età pensionabile per i poliziotti penitenziari, su base volontaria. La motivazione addotta sarebbe l’incapacità del DAP “di recuperare il gap assunzionale” a causa dei ritardi nelle assunzioni dovuti alla pandemia.
LA MAGGIORANZA VA IN PENSIONE PRIMA DEI 60 ANNI: INNALZARE L’ETÀ NON SERVE
Tuttavia, come sottolineato dai sindacati, questa proposta si basa su presupposti erronei. Innanzitutto il blocco del turnover, che ha creato vuoti in organico, risale a prima della pandemia, al 2011. Inoltre, mediamente solo la metà dei pensionamenti avviene per raggiunti limiti d’età (60 anni), mentre il resto dipende da pensionamenti anticipati per anzianità o invalidità, con età media di 55 anni.
È quindi dubbio che un innalzamento di 2 anni dei limiti pensionabili possa davvero coprire le carenze di organico. Inoltre rimanere in servizio più a lungo potrebbe avere effetti negativi sul loro benessere e sulla qualità del lavoro.
Sarebbe dunque opportuno, secondo i sindacati, puntare piuttosto sullo sblocco del turnover e su nuove assunzioni, per coprire i vuoti in organico, piuttosto che forzare chi è prossimo alla pensione a rimanere in servizio.
UNA PROVOCAZIONE PER SVEGLIARE IL GOVERNO?
Infine, viene da chiedersi se la controversa proposta del Capo del DAP non sia in realtà una provocazione per smuovere il Governo di fronte alla delicata situazione del sistema carcerario italiano.
Da tempo sindacati e operatori lanciano allarmi sulla carenza di organico e il sovraffollamento delle carceri, che mettono a dura prova il personale e compromettono la sicurezza. Tuttavia, questi appelli sembrano cadere troppo spesso nel vuoto.
Di fronte all’immobilismo della politica, il numero uno del DAP potrebbe aver avanzato intenzionalmente una proposta inadeguata, conoscendone già l’impraticabilità, solo per accendere i riflettori. Un tentativo estremo per svegliare il Governo e spingerlo ad affrontare in modo concreto le gravi problematiche denunciate da chi lavora ogni giorno in prima linea nelle carceri italiane.
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