Pistola rubata ad un Finanziere all’interno dell’auto di servizio: la Cassazione ribadisce, è violata consegna
(di Avv. Umberto Lanzo)
La Corte di Cassazione torna a occuparsi del reato di violata consegna aggravata e lo fa con una sentenza che lascia poco spazio a interpretazioni attenuanti. Al centro della vicenda, un brigadiere capo della Guardia di Finanza che, durante un servizio di polizia giudiziaria in abiti civili, nel porto di Napoli, aveva lasciato la pistola d’ordinanza, una Beretta PX4 calibro 9×19 parabellum, all’interno di uno zaino custodito nell’auto di servizio. Un errore pagato a caro prezzo: l’arma è stata infatti sottratta da ignoti dopo che il veicolo, parcheggiato su pubblica via, era stato forzato.
Dal Tribunale militare alla Cassazione
I fatti risalgono al 26 novembre 2021. Il militare era stato comandato a un’operazione di polizia economico-finanziaria, in abiti borghesi, con veicolo di copertura. L’ordine di servizio gli imponeva di portare con sé soltanto l’armamento ordinario. La pistola, invece di essere indossata, veniva riposta nello zaino, a sua volta riposto nel veicolo. Da qui il furto.
Il Tribunale militare di Napoli lo ha ritenuto colpevole nel maggio 2024. La Corte militare d’appello, a gennaio 2025, ha confermato la responsabilità riducendo la pena a due mesi, con concessione dei doppi benefici. La partita si è chiusa definitivamente davanti alla Prima Sezione Penale della Cassazione che ha respinto il ricorso.
La difesa: nessuna consegna, solo negligenza
Il brigadiere aveva tentato di far leva su due argomenti: da un lato, la presunta assenza di una consegna specifica riguardante la custodia dell’arma nel servizio in questione; dall’altro, la natura colposa, e non dolosa, della sua condotta. In sostanza, secondo la difesa, la Circolare n. 0361146/2018 del Comando Generale GdF, che disciplina le modalità di custodia delle armi, avrebbe natura solo generale e astratta, dunque incapace di integrare una vera “consegna” in senso tecnico.
Un tentativo che la Suprema Corte ha smontato punto per punto.
La Cassazione: le regole generali sono parte integrante delle consegne
Secondo gli Ermellini, non vi è dubbio che il comportamento del brigadiere configuri violata consegna. La Corte ricorda infatti che il reato, previsto dall’articolo 120 del codice penale militare di pace, tutela non la disciplina ma il servizio, ed è integrato ogni volta che il militare comandato ad un determinato compito non rispetti le prescrizioni, siano esse particolari o generali.
Ed è proprio qui il passaggio chiave: le norme generali, in particolare quelle relative alla custodia delle armi, hanno valore integrativo delle consegne particolari. Non occorre che vengano richiamate in ogni ordine di servizio: valgono sempre e comunque, perché indispensabili al corretto svolgimento del compito.
La Corte cita giurisprudenza costante: «ai fini della configurabilità del reato di violata consegna – si legge – tutte le disposizioni di carattere generale, specialmente quando rilevanti per l’esecuzione di un ordine specifico, formano parte integrante della consegna impartita». È il caso delle regole che impongono di portare sempre indosso l’arma e il munizionamento durante i servizi in abiti civili, vietando di custodirli in borse, zaini o veicoli incustoditi.
Dolo e non colpa: la consapevolezza pesa
Non meno netta la Suprema Corte nel liquidare il secondo motivo di ricorso. Il reato di violata consegna è reato omissivo di mera condotta, per il quale è sufficiente il dolo generico: coscienza e volontà di non osservare le prescrizioni. In questo caso, il brigadiere aveva addirittura scritto di proprio pugno che aveva «ritenuto inopportuno portare con sé l’arma», ammettendo così non solo di conoscere la regola, ma di aver scelto consapevolmente di non rispettarla.
Una violazione che riguarda il servizio, non la disciplina
Il verdetto ribadisce un principio destinato ad avere ricadute pratiche per tutti i reparti: la violazione commessa non attiene alla disciplina militare in senso stretto, ma al servizio. E proprio per questo le regole generali di comportamento – come quelle sulla custodia delle armi – non sono semplici linee guida, ma hanno la stessa forza vincolante delle consegne specifiche impartite per un’operazione.
La chiusura: ricorso respinto, spese a carico del militare
Il ricorso è stato dunque rigettato e il militare condannato anche al pagamento delle spese processuali. Un epilogo che suona come monito: le armi non si lasciano mai incustodite, nemmeno per pochi minuti, nemmeno dentro un veicolo di servizio.
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