Perché in Italia non ci sono più i guardiani nei fari
Lungo gli oltre 8mila chilometri delle coste del Belpaese solo 41 fari, su 147, sono presidiati. La Marina militare ha ovviato in parte alla carenza di faristi, per i quali per quasi trent’anni non è stato bandito un concorso pubblico, fino a quest’estate. Diversi sono in stato di degrado, virtuoso invece l’esempio del Comune di Procida: un ‘federalismo marino’ con le isole di Ischia e Vivara,
di Simone Rubino
Il faro a picco sul mare è spesso una delle cartoline che si porta a casa dalla vacanza estiva. La natura romantica e pacifica del faro, che dinnanzi a sé ha solo l’immensità del mare, è evidente. In Italia questi ausili marittimi sono posizionati strategicamente lungo gli oltre 8mila chilometri di coste: sono fondamentali per la navigazione ma anche una grande attrazione. Eppure ci sono molti problemi riguardanti lo stato di degrado delle strutture, anche se non mancano esempi virtuosi.
Chi guarda il mare
Il servizio di cura dei fari è affidato dal 1911 alla Marina militare, che ha seguito il loro sviluppo così come le loro problematiche. Dal primo atto, datato 1896, firmato dal primo re d’Italia Vittorio Emanuele II, che istituì la ‘Reale Commissione dei porti, spiagge e fari’ al passaggio ‘dell’Ispettorato dei fari e dei segnalamenti marittimi’ dal ministero dei Lavori pubblici a quello della Marina (aveva un Ministero proprio, ndr), il cui decreto è stato approvato nel 1910 ma, per problemi burocratici e anche di bilancio, ritardato di un anno.
La costituzione dell’Unità d’Italia prima e della Repubblica italiana poi ha determinato l’organizzazione della Marina militare anche attraverso gli indispensabili occhi dei fari: “La loro funzione è segnalare le zone pericolose quali scogli, secche, relitti affioranti o altri pericoli isolati, oltre che indicare l’ingresso ai porti”, spiega la Marina. Oggi vi sono la ‘Direzione fari e segnalamenti del Comando logistico’ a Napoli, ‘l’Ufficio tecnico dei fari’ a La Spezia e sei ‘Comandi zona fari’ sul territorio (Venezia, La Spezia, La Maddalena, Napoli, Taranto e Messina, ndr) ma i fari sono stati progressivamente depotenziati.
Tanti faristi sono andati in pensione e non sono stati rimpiazzati. Così l’antico e affascinante mestiere del guardiano del faro rischia di scomparire per lasciar spazio alla modernità dell’automazione, al comando di segnalazione da remoto. Sempre la Marina militare spiega quel che in dieci anni è cambiato: “A partire dal 2012 è stato avviato un programma di ammodernamento e rinnovamento del servizio dei fari: attualmente è in fase di completamento, con l’obiettivo di garantire la massima affidabilità, qualità ed efficienza, impiegando apparecchiature e impianti all’avanguardia”, pur ammettendo: “Tuttavia la componente umana rimane indispensabile per il suo corretto funzionamento”.
Quanti fari senza guardiani
A oggi i fari sono 147, solo 41 sono però presidiati, poi vi sono gli altri ausili per la navigazione: 542 fanali, 144 mede e 41 boe. In totale i segnalamenti marittimi in Italia sono 874. Quel che salta ancora all’occhio, al di là del numero importante di ausili artificiali che producono luce e suono, è la tendenza all’abbandono dei fari: “In risposta alla carenza di personale civile, che ha comportato l’assenza di un presidio fisico di numerosi fari, la Marina ha ricercato e implementato una soluzione tecnologica-organizzativa consistente nella ‘remotizzazione’ dei segnalamenti e nella creazione di nuovi elementi di organizzazione chiamati ‘Macro reggenze, in cui uno o più faristi sono responsabili di gruppi di fari in una limitata e raggiungibile area geografica”.
Fa notizia la pubblicazione di un concorso pubblico per l’assunzione di nuovi faristi (Gazzetta Ufficiale, anno 163°, numero 56 del 15 luglio 2022), i quali diventeranno dipendenti civili del ministero della Difesa. Il concorso precedente risaliva al 1994. Sono passati quasi 30 anni e non è stato assunto nessun nuovo guardiano, anche per questo oltre 100 fari sono a oggi vacanti, senza guardia: “In questo intervallo temporale le assunzioni sono avvenute tramite riqualifica del personale civile già in forza all’Amministrazione Difesa e impiegando personale militare transitato in ruoli civili”, afferma la Marina militare, illustrando ai candidati faristi. “Occorre vincere il concorso, poi gli aspiranti assistenti/addetti tecnici nautici (nomenclatura moderna dell’antica denominazione di farista) devono superare un corso di abilitazione che viene periodicamente svolto, secondo necessità e richieste pervenute, all’Ufficio tecnico dei fari di La Spezia”.
Il caso di Procida
Per Procida, colorata bellezza parte delle isole Flegree (insieme a Nisida, Vivara ed Ischia), il processo di riqualificazione del faro Punta Pioppeto segna un percorso unico. Non è stata l’imprenditoria privata a presentare un progetto all’Agenzia del Demanio, ma il Comune, che in virtù del ‘Federalismo demaniale culturale’ ha chiesto l’ex casa del farista per sottrarlo all’incuria ed al privato, ma anche alle polemiche (alzate nella campagna elettorale 2020) ed ai vandalismi (denunciati nell’estate 2010): “Abbiamo presentato un piano di investimento e valorizzazione del faro. La cessione (gratuita) è avvenuta circa un anno fa, dopo un lungo iter burocratico, ed abbiamo ottenuto un finanziamento dalla Città Metropolitana di Napoli (350mila euro) per poterlo ristrutturare” racconta il sindaco Raimondo Ambrosino, che sull’isola tutti chiamano Dino.
L’intento è quello di far diventare il faro il luogo dove osservare quel che è presente nei fondali dell’area marina: “Chi non ha l’opportunità di immergersi potrà guardare le riprese del fondo del mare qui”. Le tempistiche del progetto non sono però collimate con quelle di ‘Procida capitale italiana della cultura 2022’, anche se in Comune l’intenzione era anche quella: “Quando abbiamo iniziato la procedura speravamo di farcela. È trascorso poi tanto tempo, due anni, per avere questa struttura dallo Stato, ma per noi la cosa importante è fare le cose corrette, per bene, anche perché la storia di Procida non si esaurirà con la ‘Capitale della cultura’, anzi”. Il sindaco Ambrosino è schietto, non si nasconde dietro un dito: “Benché poi tutte le opere pubbliche io le vorrei concluse non domani ma ieri”. Le prime manutenzioni nell’edificio ottagonale di Punta Pioppeto sono state fatte ma per la riapertura del faro bisognerà aspettare, si spera il 2023, benché già oggi un luce accesa ci sia: non è ormai più del guardiano ma è quella automatizzata, che anche a presidio marino stabilito resterà in uso governativo della Marina militare.
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