Pensioni, diminuisce la speranza di vita (causa covid) ma non si andrà in pensione prima
L’ISTAT ha comunicato che nel 2020 la diffusione della pandemia e l’aumento del rischio di mortalità che ne è derivato hanno interrotto la crescita della speranza di vita alla nascita che aveva caratterizzato il trend fino al 2019. Rispetto all’anno precedente si è registrata una contrazione pari a 1,2 anni: l’indicatore si è attestato a 82 anni (79,7 anni per gli uomini e 84,4 per le donne) e a livello provinciale la speranza di vita si è ridotta nelle aree del Paese a più alta diffusione del virus durante la fase iniziale della pandemia (in particolare nella provincia di Bergamo).
Come noto dal 2013 i requisiti per il pensionamento sono legati a doppio filo con le variazioni ISTAT ed in forza di questo meccanismo tra il 2013 ed il 2019 sono già scattati tre adeguamenti pari complessivamente a 12 mesi. Nel 2021 la variazione è stata nulla e quindi anche l’età pensionabile non è aumentata ma nel 2023 l’ultimo scenario demografico pre-covid (Istat 2018) ipotizzava un aumento di altri tre mesi. Ora viene quindi da chiedersi se la pesante riduzione dell’aspettativa di vita causata dal COVID-19 possa mettere in discussione il prossimo scatto (previsto appunto per il 2023) riducendo addirittura l’età pensionabile. Purtroppo la risposta è negativa.Il legislatore ha agganciato le pensioni al tasso ISTAT solo se conviene allo Stato. Se cresce la speranza di vita slitta l’età di pensionamento per bilanciare la maggiore durata delle pensioni ma se si riduce non si può più tornare indietro e la differenza viene incassata dallo Stato. E’ una delle tante stranezze del nostro sistema previdenziale.