ORA CHIEDETE SCUSA AI NOSTRI EROI IN DIVISA
E’ di Luca Rocca per il Tempo.it il messaggio rivolto al partito dell’Antipolizia che riportiamo integralmente di seguito – Scavano, a mani nude, per salvare vite; tirano fuori dalle macerie mamme, papà, vecchi e bambini; piangono, in silenzio, quando arrivano troppo tardi; non si riposano finché non sono sfiniti; presidiano ogni centimetro del territorio, liberano le strade, fermano gli sciacalli, proteggono le opere d’arte.
Sono gli «eroi in divisa», poliziotti, carabinieri, vigili del fuoco, forze armate, uomini della Guardia forestale e della Guardia di Finanza. Sono migliaia. E centinaia sono le persone messe in salvo dopo il devastante terremoto che ha raso al suolo un pezzo del Centro Italia. Loro ci sono sempre. Sono sempre là, dove di loro c’è bisogno. Oggi sono ad Amatrice, Accumoli, Arquata, Pescara del Tronto, ieri erano ad Assisi, Colfiorito e L’Aquila. Oggi sfidano la polvere e il rischio di rimanere sepolti sotto i massi se arriva un’altra scossa, ieri erano in mare a salvare gli immigrati dal mare grosso.
Li possono insultare e infangare, bastonare quando fanno il loro dovere nelle strade, mettere alla gogna, ingiustamente, senza mai sentirsi chiedere scusa da quel «partito dell’Anti-Polizia» che aspetta sempre l’occasione giusta per puntare il dito contro l’una o l’altra «divisa», per chiedere un’indagine o un processo, ma guardandosi bene dal dare una metaforica pacca sulla spalla, fosse anche solo d’incoraggiamento, dopo ore, giorni, settimane passate in mezzo alla devastazione, al sangue, alla morte, ai pianti dei bambini senza più genitori o di quest’ultimi senza più figli.
Si ricordano di loro, per rimproverarli, solo quando chiedono ciò che gli spetta, una paga dignitosa e mezzi funzionanti, o quando protestano per un accorpamento che ritengono penalizzante. Se ne dimenticano quando diventano i «nostri eroi».
Lì, in mezzo al nulla, di giorno, al caldo, e di notte, al buio, i poveri disperati possono contare sugli uomini della Protezione civile e sui molti volontari, ma soprattutto su di loro, le «divise». Le vite salvate in questi tre giorni dalle 2.300 forze dell’ordine, sono ancora tali grazie agli oltre mille pompieri provenienti da tutta Italia (nuclei ricerca e salvataggio, personale tecnico che mette in sicurezza gli edifici, soccorritori specializzati a operare in ambienti pericolosissimi) e i 1.100 operatori della sicurezza sparpagliati nei Comuni di Amatrice, la maggior parte, Accumoli, Arquata, Pescara del Tronto, Perugia.
Ci sono anche i poliziotti specializzati nel riconoscimento delle salme e i 430 carabinieri coi loro meravigliosi «cani da macerie», pastori tedeschi, pastori belgi, labrador e border collie, che in queste ore, guidati dai loro «padroni», hanno messo in salvo 60 esseri umani tra Amatrice e Pescara del Tronto. E ci sono anche i 30 «Caschi blu» della cultura, task force dei carabinieri che si occupa di tutelare il patrimonio artistico massacrato dal sisma.
Loro, le «divise», sono la salvezza, sono la spalla sulla quale piangere. Sono loro che assistono i terremotati, abbracciano chi, stremato, non ce la fa più e si sente perso. Sono loro che chiedono ai superiori di continuare a scavare perché qualcuno, là sotto, potrebbe essere ancora vivo, pretendono di non fermarsi, di non tornare in caserma a riposarsi.
Ce la possono fare, hanno ancora energia, e se proprio viene a mancare, allora ci si siede cinque minuti, dieci al massimo, per poi rimettersi in piedi e ricominciare a scavare, a implorare quel silenzio che permette di sentire le voci provenienti dalle case crollate. Di notte camminano fra le macerie, lentamente, senza far rumore. E sempre di notte gli uomini della Finanza di occupano, tra l’altro, di presidiare tutti i luoghi danneggiati dal terremoto per evitare episodi di sciacallaggio. I soccorsi parlano fra loro quasi bisbigliando, non vogliono rischiare di non sentire la richiesta d’aiuto. I loro passi sono leggeri.
Tanto quanto è forte la loro determinazione nel momento in cui individuano qualcuno ancora vivo. Allora non conta più nulla. Bisogna solo salvare quella nonna, quella bambina. E quando ci riescono, quando si aprono una strada per estrarre vivo qualcuno, intorno a quel corpo sporco, impolverato, stremato, scatta il senso assoluto di protezione, il desiderio di portare da bere, da mangiare, tranquillizzare, incoraggiare. In queste ore i carabinieri stanno portando via le macerie pericolose come l’Eternit, assistono gli anziani non autosufficienti che hanno dovuto abbandonare la casa di cura in cui erano ricoverati, l’Aeronautica Militare fa decollare i suoi elicotteri per trasporti e ricognizioni dell’area, le forze armate mettono a disposizione le loro caserme per i posti letto, i 150 uomini della Guardia Forestale coordinano le operazioni di soccorso. E mentre tutti loro, poliziotti, carabinieri, forestali, finanzieri e pompieri (che hanno estratto viva la piccola Giorgia, 4 anni appena) scavano senza fermarsi, senza sosta, senza lamentarsi, salvando la vita a centinaia di persone, c’è chi, la notte della tragedia, non ce l’ha fatta. Come il maresciallo dell’Arma Giampaolo Pace, morto nel crollo della sua casa ad Accumoli, o l’assistente capo della polizia stradale Ezio Tulli, deceduto ad Amatrice, insieme ai figli di 14 e 12 anni, sotto le macerie. Sono loro i nostri eroi.