No-Tav: il bacio della manifestante all’agente
È come se calasse il silenzio, fra i clangori di un corteo, i volti d’ira e le paure. Il bacio è silenzio. Lei è una brunetta, un volto da francesina, una disadorna frangetta di capelli, gli occhiali, un orecchino punk, le mani sottili con cui accarezza il casco dell’agente di polizia, che bacia sporgendo le labbra. Lui ha un volto tenero, e socchiude gli occhi ancor più teneramente, come se credesse davvero a quel bacio. Anche noi ci crediamo. La manifestazione No Tav di ieri, lo spavento e la paura, vorremmo racchiuderla in questa immagine, per quanto potesse essere stata provocatoria, fermata da uno scatto fra l’odore acre dei fumogeni e gli insulti beceri ai poliziotti, all’incrocio delle statale 25 con la 24, a Susa. Ma le foto non hanno rumori. E non ci sono rumori, in quel bacio, non ci sono urla, non ci sono insulti, non c’è rabbia, non c’è nient’altro che questo respiro, come in tutti i baci del mondo, che sono segni di pace, non solo di amore. Non sappiamo se questa foto diventerà famosa come quella di Bernie Boston, dell’ormai lontano 21 ottobre 1967, a Washington, che vinse il Premio Pulitzer per aver fermato l’immagine di un giovane con i capelli lunghi e la dolcevita cascante che si metteva di fronte ai militari schierati per la marcia al Pentagono contro la guerra del Vietnam e infilava dei fiori nelle canne dei loro fucili.
Ci sono immagini che fanno storia. Quella di Jan Rose Kasmir, scattata sempre lo stesso giorno nello stesso posto, 21 ottobre 1967 a Washington, è diventata il manifesto del flower power movement. La fece un fotografo francese, Marc Riboud e riprese Jan Rose mentre porgeva dei fiori ai fucili puntati contro di lei dai militari in tenuta antisommossa. La guerra del Vietnam sarebbe ancora continuata per tanti anni. Kasmir aveva solo 17 anni, allora. Ritornò a fare la stessa cosa nel febbraio 2003, questa volta contro l’attacco all’Iraq. Ma non ebbe lo stesso effetto. Ci sono gesti e ci sono cose che hanno la stessa spontaneità delle foto. È una questione di tempi e di effetti. In un certo senso, questa immagine della Val Susa ce l’ha, se non fosse altro per quegli occhi chiusi dell’agente di polizia, come se quel bacio lo desiderasse davvero. Il bacio non è solo un incontro, uno sfiorare di pelle.
Ieri, a Susa, erano in qualche migliaio a manifestare. C’era anche Turi Vaccaro, che il 27 giugno 2011 venne fermato mentre benediceva la ruspa che doveva infrangere le barricate di un presidio con delle teste d’aglio. Un reparto di polizia ha seguito il corteo dall’autoporto di Susa. E all’incrocio fra la statale 24 e la 25, mentre gli agenti erano tutti schierati, due ragazze molto carine, una bionda e una bruna, si sono avvicinate e hanno cominciato a distribuire baci sui caschi degli agenti. Questo forse è stato il più tenero, perché è come se fosse stato accettato.
Qui dentro, negli occhi chiusi dell’agente e in quelli coperti della ragazza, la colonna sonora, fra le pulsazioni di un corteo, con le sue urla, gli slogan, quell’odore della rabbia e della paura, per una volta è davvero il silenzio. Poi, hanno ripreso a marciare. Gli altri hanno continuato a insultare. Alla fine, Sandro Piano, presidente della Comunità Val Susa, ha detto: «Quella di oggi è stata una manifestazione civile e corretta. Di questo vi ringrazio». La politica ha sempre la sua retorica. Forse è vero, forse no. Però questa immagine è senza parole. È questo il suo bello.
di Pierangelo Sapegno per la Stampa.it