Nasce il Gruppo Intervento Operativo, teste di cuoio contro le rivolte in carcere: in campo poliziotti super addestrati
Ordine, legalità, sicurezza e maggiori garanzie per detenuti e personale. Sono state queste le parole chiave usate per declinare il senso e l’operato del G.I.O., il Gruppo di Intervento Operativo del Corpo di Polizia penitenziaria, istituito dal ministro Carlo Nordio con decreto del 14 maggio 2024 e presentato questa mattina al Ministero della Giustizia dal sottosegretario Andrea Delmastro Delle Vedove, dal Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Giovanni Russo, dalla vice capo Lina Di Domenico e dal direttore del Gruppo, Primo Dirigente Linda De Maio.
La nascita del GIO per fronteggiare le criticità nelle carceri
La nascita del GIO si inserisce in una più ampia strategia alla quale da un anno e mezzo stanno lavorando Ministero della Giustizia e Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. È stato il sottosegretario Delmastro, in apertura, a ripercorrerne i passaggi principali: l’assunzione di oltre 7 mila nuovi agenti di Polizia Penitenziaria, la saturazione degli organici dei funzionari giuridico-pedagogici, la dotazione di adeguati strumenti operativi (scudi e caschi anti-sommossa, guanti anti-taglio, giubbotti anti-proiettile e body-cam), l’assegnazione di un direttore e, presto, di un comandante in ogni istituto, l’istituzione dei medici di Polizia Penitenziaria e il nuovo modello del servizio cinofili.
Compiti e modalità operative del nuovo Gruppo di Intervento Operativo
“Ed ecco il GIO”, ha enunciato il sottosegretario, soffermandosi sui compiti e le modalità operative. “Un reparto altamente specializzato di Polizia Penitenziaria, che nasce dall’esigenza di fronteggiare criticità non altrimenti fronteggiabili a livello locale da parte del singolo istituto. Garantirà l’intervento entro un’ora presso qualsiasi istituto, quando il direttore ne chieda il supporto. Avrà personale debitamente equipaggiato e altamente specializzato e, fra le sue figure, anche quella del ‘negoziatore’ che cercherà di fronteggiare ogni criticità prima di tutto negoziando. Solo quando ciò non sarà possibile – ha sottolineato Delmastro – vi sarà l’impiego del minor gradiente possibile di forza da parte di un gruppo appositamente addestrato nell’utilizzo di tecniche operative per garantire la sicurezza”.
I Gruppi di Intervento Regionali per garantire la rapidità di intervento
Il GIO opererà alle dirette dipendenze del Capo del Dap e sarà articolato in un ufficio centrale e in Gruppi di Intervento Regionale (GIR), tramite i quali garantirà anche altri servizi di particolare complessità operativa sul territorio nazionale.
Un modello mutuato dall’esperienza francese ma migliorato
Il modello del GIO è stato mutuato dall’esperienza dell’ERIS, il reparto di polizia specializzato che opera analogamente in Francia. “Un modello che però abbiamo cercato di migliorare”, chiarisce subito Giovanni Russo: “Perché non è accentrato, ma diffuso sul territorio attraverso gruppi regionali con base nei Provveditorati; nuclei che quando non sono chiamati in causa svolgeranno attività di auto-addestramento e di addestramento, in una logica di metodo globale di autodifesa che parte dalla negoziazione”.
Legalità, rispetto dei diritti e sicurezza negli istituti
“Quindi legalità e rispetto dei diritti umani” conclude il capo del Dap. “Il nostro intento è quello di rendere gli istituti penitenziari dei luoghi dove la pena possa essere espiata in funzione della direttiva costituzionale, così che possa svolgersi nell’ordine e nella sicurezza il processo di rieducazione e riabilitazione”.
Anche il GIO si colloca nell’ambito della riorganizzazione dell’intera architettura organizzativa dell’Amministrazione Penitenziaria prevista dal decreto del ministro Nordio del 10 dicembre 2023. Una “riforma epocale per il Dipartimento e i Provveditorati Regionali”, l’ha definita Russo, che dal prossimo 3 giugno vedrà affiancarsi agli ‘uffici’ con a capo un dirigente penitenziario o delle funzioni centrali, le nuove ‘divisioni’, a capo delle quali sarà un Primo dirigente di Polizia penitenziaria.
La valutazione dell’evento critico e l’attivazione del GIO
“Siamo obbligati non solo alla custodia, ma anche alla cura della persona. Dobbiamo tutelare al massimo la vita non solo delle persone detenute, ma di chiunque, a vario titolo, abbia accesso all’istituto. Pensiamo alle criticità che potrebbero verificarsi a danno di operatori sanitari, di avvocati, di volontari: per questo la tutela deve essere omnicomprensiva”, spiega Lina Di Domenico. Al direttore, spiega la vice capo del Dap, spetterà la valutazione dell’evento critico: se questo non è fronteggiabile in quel momento, con le forze presenti in istituto e con il supporto della ‘aliquota locale’ – altra articolazione del GIO – sarà il provveditore regionale a richiedere l’intervento del GIO al capo del Dipartimento, che attiverà il direttore del Gruppo. Sarà questi, a quel punto, a decidere se far intervenire il GIR più vicino o se inviare a supporto il GIR confinante, in caso di eventi critici in più istituti.
Requisiti e formazione specifica per il personale del GIO
Il bando per la selezione di circa 200 unità di personale che saranno assegnate in una fase iniziale al GIO sarà pubblicato entro il prossimo luglio. Le procedure selettive seguiranno gli stessi criteri di quelle adottate per entrare nel Gruppo Operativo Mobile (GOM). Particolarmente rigida e accurata sarà l’attività formativa successiva, che richiederà alcuni mesi e si avvarrà del contributo di formatori interni all’Amministrazione in tecniche MGA, tecniche di negoziazione e pronto intervento. Inoltre saranno coinvolte strutture dell’agenzia UNICRI che provvederanno a formare ulteriormente il personale sul rispetto dei diritti umani e sulla tenuta psicologica.
Una scommessa importante per riportare ordine nelle carceri
“È una scommessa importante per l’Amministrazione”, ha esordito il direttore Linda De Maio, che si è poi soffermata sull’importanza della formazione continua a cui sarà sottoposto il personale assegnato al GIO: “Il bisogno di essere sicuri nelle strategie deterrenti e nelle regole di ingaggio e il bisogno di avere gli strumenti operativi, di formazione e professionali per intervenire nel miglior modo possibile sono alla base di una formazione che, se finora era stata fondamentalmente rimessa alla forza di volontà, all’impegno e all’abnegazione degli operatori, ora va messa a sistema, insieme alla conoscenza di tecniche operative che consentano di ridurre più possibile il margine di offensività”.
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