Morte Ramy Elgaml, pm: «I carabinieri hanno rispettato le regole durante l’inseguimento»
Secondo la procura di Milano, non sarebbero emerse violazioni di norme, protocolli o leggi penali nell’inseguimento che ha preceduto la morte di Ramy Elgaml il 24 novembre 2024. La vicenda, avvenuta dopo una corsa di circa 8 chilometri per le strade di Milano, vede un carabiniere indagato per omicidio stradale e, insieme ad altri due colleghi, per presunto depistaggio. I magistrati hanno escluso responsabilità dirette dei militari soprattutto grazie a un video, trasmesso da Dritto e Rovescio, che mostra i carabinieri intenti a prestare soccorso ai due giovani coinvolti nello schianto dello scooter. Tale filmato, ripreso dalla bodycam di uno dei militari, potrebbe non essere stato inizialmente acquisito dagli inquirenti.
Sono queste le ultime valutazioni, da quanto si è saputo, della Procura di Milano, che intanto continua a indagare sulle fasi finali, ossia sull’omicidio stradale, contestato al militare che guidava l’ultima macchina inseguitrice, e sul presunto depistaggio e favoreggiamento, per il quale sono indagati altri due carabinieri. L’inchiesta è condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo.
Come previsto dall’articolo 55 del codice di procedura penale, “la polizia giudiziaria deve, anche di propria iniziativa, prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale”. L’inseguimento messo in atto dai carabinieri quella notte, con tre pattuglie e sei uomini, rientrerebbe in questa attività prevista per la polizia giudiziaria.
Ascoltato il carabiniere che aveva la bodycam
Mentre si attende, per i primi di febbraio, il deposito della consulenza cinematica sulla ricostruzione dell’incidente, e di quella informatica sul telefono del teste a cui sarebbe stato chiesto di cancellare un video, i pm Marco Cirigliano e Giancarla Serafini, coordinati dall’aggiunta Tiziana Siciliano e dal procuratore Marcello Viola, oggi hanno ascoltato un carabiniere come teste in Procura: si tratta del militare che aveva la bodycam che ha ripreso le fasi del soccorso ai due ragazzi, le cui immagini sono andate in onda in una trasmissione tv.
Gli inquirenti, da quanto si è appreso, hanno dovuto verificare se quei video fossero depositati agli atti, il militare avrebbe riferito che erano stati consegnati; sul punto, comunque, e sulla diffusione delle immagini ai media, sono in corso verifiche.
Il ministro Piantedosi: “Spero in un colloquio a fari spenti con i genitori, se lo vorranno”
Il ministro degli Interni Matteo Piantedosi auspica un incontro o un colloquio “a fari spenti”, e “sempre che loro lo vogliano”, con i genitori di Ramy. “Finora – dice il ministro al Messaggero – non lo ho fatto per rispetto del loro dolore”. Quanto alla valutazione del comportamento delle forze dell’ordine nell’inseguimento, “mi rimetto – dice Piantedosi – all’autorità giudiziaria. Di sicuro i comportamenti – velocità, strade contromano – sono stati indotti dai fuggitivi. Un inseguimento è pericoloso anche per chi lo fa. E i Carabinieri hanno dimostrato massima trasparenza mettendo a disposizione video ed audio”.
L’inseguimento e le tre frasi dei carabinieri
Nelle immagini riprese dei carabinieri, agli atti degli inquirenti e trasmesse dal Tg3, si vede un primo impatto tra la gazzella dei militari e lo scooter sul quale ci sono due ragazzi. Dopo questo primo impatto, il mezzo a due ruote non cade. E nel servizio si sentono in successione diverse frasi choc dei carabinieri. Una prima (“Vaff… non è caduto“), pronunciata dopo lo speronamento. Una seconda frase simile, nel corso dell’inseguimento: “Chiudilo, chiudilo… no, mer… non è caduto”. Infine la terza frase, alla fine della corsa tra le strade del centro, quando sembra effettivamente esserci un ulteriore contatto, come testimoniano le immagini riprese, questa volta, da una telecamera del Comune.
I due ragazzi perdono il controllo del mezzo e a quel punto i carabinieri avvertono via radio che i due “sono caduti”, in via Quaranta. E un loro collega risponde, sempre via radio, “bene”. Agli atti degli inquirenti ci sono anche le immagini di due carabinieri che, dopo l’incidente, si avvicinano a un giovane sul marciapiede, che alza le mani in alto: si tratta di Omar, il testimone che ha detto di aver ripreso tutto, aggiungendo che i militari dell’Arma gli avrebbero intimato di cancellare il filmato.
I legali dei familiari di Ramy, gli avvocati Debora Piazza e Marco Romagnoli, avevano commentato a caldo le immagini inedite: a loro avviso, si tratta di “omicidio volontario” e non stradale. Come già ricordato più sopra, dal dicembre scorso la Procura di Milano ha iscritto nel registro degli indagati almeno due carabinieri. “La presunzione di innocenza deve essere applicata anche ai carabinieri” aveva dichiarato il ministro Piantedosi, proprio commentando i fatti del 24 novembre.
Dopo l’incidente, il quartiere Corvetto ha vissuto notti di tensione, con atti di vandalismo compiuti da chi chiedeva giustizia per il giovane egiziano.