Militari donne incinta? Nessun avanzamento di carriera. E scoppia la polemica
Le donne nell’Arma dei Carabinieri e in Guardia di Finanza, se incinte durante il concorso per avanzare di grado, devono essere escluse. “Una discriminazione assurda e anacronistica”, spiega il “Sindacato dei Militari” che ha chiesto alla ministra della Difesa Trenta di eliminare subito questa norma. E che sarebbe ora oggetto di valutazione
Due pesi e due misure? Solo pochi giorni fa la ministra della Difesa Elisabetta Trenta aveva benedetto l’unione di due militari donne della Marina Militare, che si sono sposate a La Spezia.
Un trattamento diverso sarebbe rivolto invece alle donne dell’Arma dei Carabinieri e delle Forze armate che decidono di partecipare ai bandi di concorso interni per l’avanzamento di grado.
È la denuncia sollevata da Luca Comellini, segretario generale del “Sindacato dei Militari”, che è in queste ore anche oggetto di scontro politico tra l’attuale maggioranza e il vecchio governo a guida Pd.
“In tutti i bandi di concorso emanati dalla Direzione Generale per il Personale Militare – spiega Comellini – si legge che “I candidati di sesso femminile, prima dello svolgimento delle prove di efficienza fisica, dovranno presentare l’originale o copia conforme del referto del test di gravidanza, rilasciato da struttura sanitaria pubblica, anche militare, o privata accreditata con il SSN, con campione biologico prelevato in data non anteriore a cinque giorni precedenti le prove”.
“Arcobaleno” sì, insomma, ma incinta no.“Coloro che non esibiranno tale referto – spiega ancora Comellini leggendo il passaggio di un bando – saranno sottoposte a test di gravidanza, per escludere l’esistenza di tale stato, al solo fine della effettuazione in sicurezza delle prove di efficienza fisica. L’eventuale positività del test sarà comunicata alle interessate in via riservata. L’individuato stato di gravidanza impedirà la sottoposizione alle prove di efficienza fisica”. E dunque l’esclusione dalla selezione per l’avanzamento di grado. Selezione che può proseguire nel caso in cui, ad esempio, alla fine delle procedure del concorso la donna abbia già partorito, ma è evidente che subito dopo il parto la candidata non sia fisicamente ancora in grado di effettuare impegnative prove fisiche.
Dal ministero della Difesa, in risposta agli attacchi che sull’argomento sono stati avanzati anche dalla deputata Pd Paita, si spiega: “Ricordiamo che il decreto attuativo del Testo unico in materia di ordinamento militare fu firmato dall’ex ministro Pinotti, in quota Pdappunto. Al contempo il ministro Trenta segue la questione da tempo e già settimane fa ha incaricato gli uffici legislativi di rivedere la normativa in questione per permettere alle donne in gravidanza di svolgere poi in un secondo momento le prove previste. Fra non molto sarà definita la nuova normativa”.
Dal canto suo l’ex ministra Pinotti, tirata in causa, chiarisce il senso di quella norma: “E’ una disposizione a tutela delle donne e della maternità. Se tuttavia”, conclude l’ex ministra della Difesa Pinotti, “si rilevassero problemi nell’applicazione di queste norme, sarebbe giusto rivederle per raggiungere al meglio l’obiettivo che si prefiggevano: assicurare alle donne arruolate la possibilità di diventare madri, senza che la gravidanza vada a detrimento della carriera”.
Va sottolineato che per il personale femminile dei corpi di polizia civili (quali ad esempio polizia di stato, polizia penitenziaria), la gravidanza non è considerata “motivo ostativo” all’avanzamento di carriera. Sembra essere dunque una discriminazione a tutti gli effetti, quella nei confronti delle donne carabiniere e della Guardia di Finanza.
Il Sindacato dei Militari, che ha inviato una Pec ufficiale alla ministra lo scorso 24 febbraio, chiede che venga subito eliminata questa discriminazione, almeno per i bandi già pubblicati e non ancora scaduti. E ovviamente per quelli futuri. Un criterio che il sindacato, a 19 anni dal primo bando di concorso per l’arruolamento volontario delle donne nelle Forze Armate e nella Guardia di Finanza, giudica assolutamente anacronistico.
“Occorre fermare queste odiose forme di discriminazione – prosegue Comellini – che continuano ad essere attuate nei confronti delle donne con le stellette e gli alamari che peraltro, e questo forse le sfugge, essendo già in servizio sono comunque in possesso dell’idoneità fisica. Intervenga ministra Trenta, altrimenti potrebbe capitare che nei prossimi bandi la Difesa chiederà alle concorrenti di sesso femminile di provare la loro verginità inventandosi qualche altro odioso test”.
Le Iene