Militare dell’Esercito rubava buoni benzina: «Sono ludopatico»
La febbre del gioco ha portato un militare dell’Esercito ad appropriarsi di 372 buoni benzina dell’amministrazione, cedendoli in cambio di denaro. Per questo è stato condannato dalla sezione giurisdizionale della Corte dei conti del Lazio a risarcire il ministero della Difesa per 18.600 euro, equivalente al valore dei buoni benzina sottratti.
LA VICENDA
Il militare ha approfittato del suo ruolo, visto che l’ammanco sospetto dei 372 buoni si è verificato nel periodo in cui rivestiva la qualifica di Capo deposito carburanti. Quando sono partite le indagini, avendo capito di essere stato scoperto, ha riconosciuto di avere «l’esclusiva disponibilità» dei buoni e di «essersene appropriato in misura non inferiore a 250, precisando, in merito all’entità dell’ammanco, in più e non in meno». L’inchiesta del pm contabile Laura Monfeli è partita da una segnalazione arrivata da una Procura militare, che aveva chiesto e ottenuto il processo nei confronti dell’imputato per peculato militare aggravato.
Dalla documentazione acquisita agli atti del processo celebrato davanti alla Corte dei conti, è emerso che il militare «ha dichiarato alla polizia giudiziaria di essere affetto da ludopatia e di essersi procurato le somme per giocare – si legge nella sentenza – attraverso il prelevamento indebito delle cedole di carburante e la loro cessione in cambio di denaro contante». Non è stato accertato se si trattasse solo di una scusa. Prima che iniziasse il processo contabile, il militare ha manifestato alla sua amministrazione l’intenzione di voler restituire l’intera somma contestata; ma di fatto non si è costituito in giudizio.
I PRECEDENTI
A maggio del 2019 un luogotenente dell’Aeronautica di Oriolo Romano finì nei guai davanti alla Corte militare con l’accusa di aver fatto la cresta sui buoni per la mensa di servizio della caserma, dove lavorava come addetto all’incasso. Era stato accusato di segnalare sulla quietanza di pagamento, per utenti che fruivano della mensa pagando solo in contanti, un importo superiore rispetto a quello che poi riportava sulla matrice: facendo una cresta di 9,20 euro a buono. Fu condannato in primo e secondo grado a 7 mesi per peculato, ma lo scorso giugno la Cassazione ha annullato la sentenza rinviando per nuovo giudizio a una nuova sezione della Corte militare d’Appello di Roma.