Migranti, il piano Italia-Albania scricchiola: centri vuoti, contratti annullati e un miliardo a rischio
L’Italia conferma la determinazione a portare avanti il protocollo con l’Albania per la gestione dei migranti, nonostante le difficoltà incontrate lungo il percorso. La premier Giorgia Meloni, intervenendo alla Conferenza dei prefetti e questori d’Italia, ha ribadito che il governo ha trovato soluzioni pragmatiche per affrontare la questione migratoria.
Meloni: “Legalità e sicurezza sono priorità del governo”
Nel suo intervento, Meloni ha sottolineato che “la legalità è una assoluta priorità del governo, così come la lotta alla mafia e all’immigrazione irregolare”. Secondo la premier, è necessario fare chiarezza sulle norme relative ai Paesi sicuri, chiedendo alla Corte di Giustizia europea di non compromettere le politiche di rimpatrio dell’Italia e degli altri stati membri dell’UE.
Inoltre, ha sottolineato l’importanza di anticipare l’entrata in vigore delle misure previste dal Patto europeo su migrazione e asilo, affinando il concetto di “Paese di origine sicuro” per superare incertezze giuridiche e garantire una maggiore coerenza nelle decisioni giudiziarie.
“Ridurre le partenze per salvare vite umane”
Meloni ha ribadito la necessità di ridurre il numero delle partenze e stroncare il business dei trafficanti di esseri umani, sottolineando che questa è la strategia più efficace per diminuire le morti in mare. Secondo la premier, l’Italia ha giocato un ruolo chiave nel ridefinire l’approccio europeo all’immigrazione, concentrandosi sul rafforzamento dei confini e sul potenziamento della politica di rimpatrio piuttosto che sulla redistribuzione dei migranti all’interno dell’UE.
Piantedosi: “Sbarchi ridotti del 60% e più rimpatri”
Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, intervenendo alla stessa conferenza, ha dichiarato che il governo ha ridotto gli sbarchi del 60% grazie ad accordi internazionali e alla collaborazione con le autorità di Paesi partner. Ha inoltre evidenziato il potenziamento dei corridoi umanitari e dei canali di ingresso regolare, mai così numerosi come sotto l’attuale esecutivo.
“Per il terzo anno consecutivo registriamo un incremento delle espulsioni del 15-20%. Nel 2023, abbiamo effettuato 1300 rimpatri in più rispetto all’anno precedente“, ha aggiunto Piantedosi, evidenziando che queste misure contribuiscono alla sicurezza nazionale.
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I centri migranti in Albania: progetto fermo e personale licenziato
Nonostante le dichiarazioni governative, i centri migranti in Albania restano al momento vuoti. Il personale dell’ente gestore Medihospes, selezionato tramite una succursale creata a Tirana, ha visto i contratti annullati. L’appalto, vinto lo scorso maggio, ammontava a 133 milioni di euro.
Di fronte alla situazione di stallo, l’ex premier Matteo Renzi ha proposto di riconvertire i centri in istituti carcerari per detenuti albanesi attualmente nelle prigioni italiane, riducendo così il sovraffollamento e i costi di gestione. La sua proposta arriva dopo un’inchiesta dell’emittente Syri.tv, che ha messo in evidenza le condizioni di alcuni agenti italiani impiegati nei centri di Shengjin, accusati di trascorrere il tempo tra saune e gite turistiche.
La maggioranza difende il modello Albania
Nonostante le critiche, il governo mantiene la propria posizione. Il presidente del Senato Ignazio La Russa ha difeso il modello dei centri migranti in Albania, affermando che “si tratta di una strategia studiata anche in altre parti del mondo”. La Russa ha riconosciuto che potrebbero esserci ostacoli giuridici, ma ha suggerito che il Parlamento italiano potrebbe modificare la legge o procedere con ricorsi legali per superare i problemi emersi.
Un miliardo di euro per un progetto fantasma?
Mentre il governo difende il piano, la realtà mostra una situazione ben diversa: oltre un miliardo di euro di fondi pubblici rischiano di essere spesi per un progetto che ancora non ha prodotto alcun risultato concreto. Strutture vuote, contratti annullati e polemiche politiche: l’accordo con l’Albania si sta trasformando in un caso emblematico di gestione delle risorse pubbliche. Sarà davvero questa la soluzione al problema migratorio o solo l’ennesimo investimento senza ritorno?
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