MARESCIALLO DEI CARABINIERI PICCHIA LA MOGLIE IN CASERMA. GIUDICE METTE FINE A 5 ANNI DI PERSECUZIONI
Schiaffi, botte e prese per il collo erano all’ordine del giorno durante i cinque anni di convivenza. Così come le offese. Ma in certe occasioni, purtroppo, poteva andare anche peggio. E allora erano dolori e lividi. Come quella volta in macchina in cui il compagno – maresciallo dei carabinieri e comandante di una piccola stazione tra le provincie di Livorno e Pisa – l’ha presa per i capelli e le ha sbattuto la testa prima sul cruscotto e poi sulla leva del cambio, causandole una vasta tumefazione al viso e un occhio nero.
O quell’altra, stavolta nell’alloggio di servizio attiguo alla caserma, in cui l’ha prima schiaffeggiata e poi trascinata vestita in bagno e le ha messo la faccia sotto la doccia sparandole addosso il getto. Oppure quando solo l’arrivo del figlio della donna, allora minorenne, e di alcuni colleghi del militare hanno impedito che l’aggressione degenerasse.
Ma le violenze non si sono limitate a quelle fisiche, perché nel film dell’orrore contenuto negli atti dell’inchiesta aperta nei confronti di Fabio Maceli, 54 anni a giugno e originario di Palermo, vengono citate anche diverse minacce. Soprattutto a partire dal dicembre dello scorso anno quando la storia tra i due è finita ed è iniziata l’inchiesta del pubblico ministero Fiorenza Marrara che dieci giorni fa – l’indagine vista le delicatezza è rimasta per mesi top secret – ha portato all’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare ammorbidita dopo l’interrogatorio di garanzia del carabiniere al termine del quale il giudice ha confermato i “gravi indizi di colpevolezza” e ha disposto il divieto di avvicinamento dell’uomo.
Anche perché le accuse nei confronti del militare sono pesantissime: lesioni personali aggravate e maltrattamenti in famiglia. Al contrario, stando alle indagini condotte dagli stessi carabinieri del nucleo investigativo a partire dal gennaio scorso quando la compagna ha denunciato il militare, oltre ai figli della donna, anche i colleghi del maresciallo, tra il 2010 e il 2015, in diverse occasioni hanno sentito le urla provenienti dall’alloggio di servizio. E peggio ancora hanno potuto constatare direttamente, nei giorni successivi alle liti, i segni di violenza sul volto della signora, tanto da trasferirla per un periodo in un alloggio di fortuna, metterla in contatto con un assistente sociale e infine avvisare anche il diretto superiore del maresciallo.
Ma all’epoca, si parla di alcuni anni fa, la signora non intese sporgere denuncia per paura di ulteriori ripercussioni. Solo nel dicembre scorso, la vittima, dopo aver trovato un alloggio e una certa indipendenza economica ha deciso di ribellarsi alle angherie subite e presentarsi dal pubblico ministero. A lei, in tre diverse querele, ha raccontato cinque anni di persecuzioni che adesso, per fortuna, sono finite.