“L’ITALIA È CON VOI”: LA TELEFONATA SEGRETA DEL CAPO DELL’AISE TRE GIORNI PRIMA DEL CROLLO DI ASSAD
ITALIA E SIRIA: IL RETROSCENA DIPLOMATICO CHE SCUOTE ROMA
Una telefonata, un diario e un retroscena che getta nuova luce sugli ultimi, convulsi giorni del regime di Assad in Siria. Al centro della vicenda, un’Italia protagonista di una partita diplomatica delicata.
QUELLA TELEFONATA DEL 5 DICEMBRE
Era il 5 dicembre 2024 quando il direttore dell’intelligence italiana, Giovanni Caravelli, compose un numero di telefono a Damasco. Dall’altra parte della linea, Hossam Luka, potente capo della sicurezza generale siriana, annotava meticolosamente ogni parola di quella conversazione destinata a far discutere. Nessuno poteva immaginare che tre giorni dopo il regime sarebbe crollato, e con esso tutti i suoi segreti sarebbero venuti alla luce.
UN SOSTEGNO INASPETTATO
“L’Italia è al vostro fianco in questo momento difficile“, avrebbe detto Caravelli secondo il diario di Luka. Parole che oggi potrebbero risuonare come un boomerang, considerando la posizione italiana sulla Russia in Ucraina. Ma c’è di più: nel colloquio emergerebbe anche un’apertura verso le operazioni militari russe in Siria, proprio mentre a Bruxelles l’Italia si mostrava fermamente critica verso Mosca.
La storia ha radici più profonde. Già nel luglio 2024, l’Italia aveva sorpreso tutti riaprendo la propria ambasciata a Damasco, prima tra i paesi del G7. Una mossa presentata come necessaria per gestire il rimpatrio dei rifugiati, ma che oggi assume contorni più sfumati. La diplomazia italiana sembrava muoversi su un sottile filo di seta, tessendo relazioni in un Medio Oriente sempre più complesso.
UN QUADRO DA COMPLETARE
Se è vero che il documento riporta rassicurazioni sul sostegno italiano al regime siriano, è fondamentale contestualizzare questa comunicazione nel più ampio scenario dell’intelligence internazionale. In primo luogo, un singolo documento non può fornire il quadro completo di una strategia diplomatica complessa. Inoltre, è prassi consolidata che i servizi di intelligence mantengano canali di comunicazione aperti anche in situazioni critiche. Significativo, infine, che il governo italiano non abbia mai smentito o rinnegato la strategia di progressivo riavvicinamento diplomatico con Damasco, come dimostrato dalla riapertura dell’ambasciata a luglio. Questo suggerisce che la telefonata potrebbe essere stata parte di una più ampia strategia diplomatica, piuttosto che un’iniziativa isolata.
GIORNI DI FUOCO
Il timing è fondamentale: la telefonata avviene quattro giorni dopo un controverso bombardamento russo su una scuola cristiana ad Aleppo e tre giorni prima del crollo definitivo del regime. In quei giorni convulsi, mentre le strade di Damasco erano teatro di scontri, nei palazzi del potere si giocava una partita ben più sottile.
L’EPILOGO E LE CONSEGUENZE
Con la caduta di Assad, l’ambasciata italiana a Damasco ha vissuto momenti di tensione, con un’incursione di gruppi armati fortunatamente risolta senza conseguenze per il personale diplomatico. Ma le onde d’urto di quella telefonata continuano a propagarsi.
I PUNTI OSCURI DELL’EVACUAZIONE MANCATA
Mentre il Ministro Tajani minimizza parlando della perdita di “solo tre auto”, emergono inquietanti dubbi sulla sicurezza della sede diplomatica, presidiata, forse, da un paio carabinieri con dotazione standard in un paese sull’orlo del collasso. L’assenza di un tempestivo piano di evacuazione, nonostante i chiari segnali di deterioramento della situazione – inclusa la rivelata telefonata del 5 dicembre tra i vertici dell’intelligence italiana e il regime siriano – ha esposto l’ambasciata a un saccheggio che va ben oltre il danno materiale. Documenti riservati, archivi diplomatici, materiale crittografato e informazioni sensibili potrebbero essere caduti in mani sbagliate, con potenziali ripercussioni sulla sicurezza nazionale e sulle reti informative italiane nel Medio Oriente. La vicenda evidenzia una preoccupante sottovalutazione dei rischi e solleva dubbi sulla capacità di proteggere efficacemente le sedi diplomatiche in aree di crisi e di avere la lungimiranza politica e diplomatica di chiudere e ripiegare.
IL FALLIMENTO POLITICO DIETRO IL CASO DAMASCO
Da un lato l’intelligence italiana ha fatto il suo lavoro, mantenendo attivi i contatti e monitorando la situazione sul campo, dall’altro la politica ha mostrato una preoccupante miopia: la riapertura dell’ambasciata a luglio senza adeguate misure di sicurezza, la mancanza di un piano di evacuazione tempestivo, la protezione inadeguata di documenti sensibili e la sottovalutazione dei segnali di pericolo. Non è stata l’intelligence a fallire – che anzi aveva probabilmente gli strumenti per leggere la situazione – quanto piuttosto la capacità della politica di tradurre queste informazioni in azioni concrete di tutela degli interessi nazionali. Il risultato è un’ambasciata saccheggiata, documenti sensibili compromessi e una credibilità diplomatica da ricostruire.
[Fonti: The Independent Arabia, N12 (Israele), Reuters, ANSA, Comunicati ufficiali del Ministero degli Affari Esteri italiano]
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