EsercitoMissioni italiane

L’Esercito verso l’Ucraina: 60 giorni per mobilitare 3.500 uomini, ma i carri restano a casa. Analisi tra carenze di organico e mezzi obsoleti

Poco più di 3.500 soldati, nessun carro armato, ma tanta esperienza nelle missioni di pace, anche le più rischiose: in due mesi dall’ordine, saranno tutti pronti sul campo. Se e quando il Parlamento deciderà di approvare la partenza di un contingente militare italiano per garantire la tregua in Ucraina, si troverà a fare i conti con la situazione delle nostre Forze Armate. L’Esercito Italiano, già gravato da numerosi impegni operativi, è chiamato a rispondere a nuove esigenze senza un adeguato incremento dell’organico.

Negli anni 2000, durante l’intervento in Afghanistan, l’Italia era in grado di schierare quasi 5.000 soldati nella sola regione di Herat. Oggi, a causa del numero elevato di missioni in corso e della riduzione di mezzi, per un’eventuale operazione in Ucraina si parla di un massimo di 3.500-4.000 effettivi. Questa cifra non deriva da una valutazione politica, ma da un calcolo pratico: la sottrazione tra il personale disponibile e gli impegni già in atto.


Struttura Operativa e Risorse Disponibili

L’Esercito Italiano conta 94.000 effettivi, tutti volontari e professionisti. Tuttavia, il 65% ha tra i 30 e i 50 anni, e i graduati, che costituiscono la maggioranza delle brigate operative, hanno in media 40 anni. Inoltre, circa 40.000 unità sono destinate alla gestione di comandi, caserme o risultano non impiegabili per missioni all’estero. La forza realmente disponibile per operazioni è dunque di 54.000 militari, ma questa cifra è solo teorica.

Per garantire 1.000 soldati operativi sul campo, ne servono almeno altri 2.000: 1.000 in addestramento e 1.000 a riposo dopo turni di quattro mesi continuativi in missione. Considerando le operazioni già in corso:

  • 7.000 soldati sono impegnati nell’operazione Strade Sicure, aumentati rispetto ai 5.000 dell’era Draghi.
  • 4.000 effettivi sono dislocati in Libano, Kosovo, Lettonia, Bulgaria e Ungheria.
  • 11.000 unità sono vincolate alle forze in prontezza NATO e UE, un numero in crescita per la nascita della Forza di Reazione Rapida Atlantica.

Questi numeri mostrano come le capacità operative siano già fortemente sollecitate.


Il Ruolo del COVI e la Composizione della Task Force

L’eventuale missione sarebbe gestita dal Comando Operativo di Vertice Interforze (COVI), sotto la guida del generale Giovanni Iannucci. Le unità da inviare dipenderanno dal tipo di mandato stabilito:

  • Se sarà una missione di interposizione, per garantire il cessate il fuoco, i reparti più idonei sarebbero la Brigata Paracadutisti “Folgore” e gli Alpini.
  • Se l’obiettivo sarà la deterrenza, per scoraggiare future aggressioni, si opterà per brigate meccanizzate come la Garibaldi o la Pinerolo.

Al momento, lo Stato Maggiore della Difesa non ha ancora confermato ufficialmente una pianificazione, ma studi interni sono già in corso.


Modernizzazione dell’Equipaggiamento: Punti Critici

Uno dei problemi principali riguarda l’equipaggiamento. L’Italia ha una flotta di carri armati Ariete ridotta e obsoleta. Attualmente, sono operativi solo poche decine di esemplari, e il piano di aggiornamento di 125 carri inizierà solo nella seconda metà del 2025.

Carro Armato Ariete

Situazione simile per i cingolati Dardo, usurati da 20 anni di missioni e da tagli alla manutenzione. Per contro, l’Italia può contare su autoblindo di ultima generazione:

  • Centauro 2, dotate di un cannone da 120 mm su scafo ruotato.
  • Freccia, con 8 ruote motrici e armamento da 25 mm, ideali per la protezione della fanteria.

Centauro II

Secondo alcuni analisti militari, evitare di impiegare mezzi cingolati pesanti potrebbe essere la strategia più prudente per una missione che dovrà garantire la stabilità senza provocare tensioni con Mosca.

Un gigante dai piedi d’argilla?

L’amara verità è che l’Esercito Italiano si trova oggi in una situazione paradossale: chiamato a svolgere sempre più missioni con sempre meno risorse. Decenni di miopia strategica, sia politica che militare, hanno prodotto una forza armata invecchiata, sovraccarica e sottodimensionata. I vertici militari hanno inseguito missioni internazionali di prestigio senza costruire una forza sostenibile nel lungo periodo, mentre la politica ha trasformato l’Esercito in un tappabuchi per le emergenze nazionali.

Il risultato? Un esercito di quarantenni con mezzi degli anni ’80, impegnato in mille missioni ma incapace di garantire una vera proiezione di potenza. Gli investimenti a pioggia in programmi frammentati, anziché in una visione strategica coerente, hanno creato una forza armata che rischia di essere più apparenza che sostanza. La crisi ucraina non fa che mettere a nudo queste criticità sistemiche.

Senza un drastico cambio di rotta – che significa investimenti mirati, ringiovanimento del personale, razionalizzazione delle missioni e una seria politica di modernizzazione – l’Italia rischia di ritrovarsi con un esercito più simile a una guardia cerimoniale che a una forza militare credibile del XXI secolo.

Cosa Aspetti? Al costo di meno di un caffè al mese potrai leggere le nostre notizie senza gli spazi pubblicitari ed accedere a contenuti premium riservati agli abbonati – CLICCA QUI PER ABBONARTI

Infodifesa è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale


error: ll Contenuto è protetto