La volante provoca un incidente, Chiesto il risarcimento del veicolo fuori uso al poliziotto. La Corte dei conti lo assolve “Condotta pericolosa in spregio delle basilari regole di prudenza”
Un agente della Polizia di Stato è stato convenuto in giudizio dalla Corte dei Conti del Piemonte per il coinvolgimento in un incidente stradale alla guida dell’auto di servizio il 17 giugno 2016, avente la seguente dinamica: la volante veniva urtata nella parte posteriore sinistra da altro veicolo che viaggiava con medesima direzione di marcia; a seguito dell’impatto ed a causa del fondo stradale bagnato, la volante faceva un testacoda e veniva successivamente urtata nella fiancata sinistra da un terzo veicolo che sopraggiungeva.
L’inchiesta amministrativa, basata sulle dichiarazioni del conducente del terzo veicolo, secondo cui la volante viaggiava ad alta velocità ed aveva tagliato la strada alla vettura coinvolta nel primo impatto, e sui rilevi della polizia municipale successivamente intervenuta sul luogo del sinistro (per i quali le condizioni meteorologiche erano di sereno, l’illuminazione era artificiale sufficiente, la visibilità non era ostruita, il traffico era scarso, il fondo stradale risultava bagnato e munito di segnaletica verticale e orizzontale), addebitava la responsabilità al convenuto per grave negligenza ed imprudenza. Seguiva per tale fatto la sanzione disciplinare della pena pecuniaria.
L’incidente determinava la messa fuori uso dell’automezzo, che veniva valutato del valore di Euro 3.466,89.
La Procura ha chiesto quindi la condanna del poliziotto/autista al risarcimento del danno quantificato in tale misura in favore del Ministero dell’Interno con accessori di legge.
La Corte dei Conti della regione Piemonte ha puntualizzato come la colpa grave necessaria per configurare, in occasione di incidenti stradali, la responsabilità amministrativa del conducente, non può determinarsi con riferimento alla sole norme di circolazione stradale, ma consiste in un comportamento gravemente imprudente o nell’inosservanza delle più comuni regole di attenzione, diligenza e cautela, cui sono comunque tenuti tutti i soggetti che guidano veicoli circolanti su aree pubbliche.
Tale qualificato elemento psicologico è stato rinvenuto “nel volontario comportamento finalizzato a porre in essere una condotta di guida spericolata, sprezzante delle prescrizioni imposte ed incurante delle altrui esigenze e possibilità di guida”, vale a dire così gravemente imprudente da essere “caratterizzato dall’assoluto disprezzo delle norme che disciplinano la circolazione o dalla grave inosservanza delle comuni regole di attenzione, diligenza e cautela (…)”.
La colpa, in simili ipotesi, viene quindi correlata, non alla mera inosservanza delle norme del codice stradale, ancorché di notevole importanza, oppure a una qualsiasi manifestazione di negligenza, imprudenza o imperizia, bensì a una condotta pericolosa, che nel caso concreto, tenuto conto della natura e delle caratteristiche della specifica attività professionale esercitata dall’agente pubblico, appaia in spregio delle basilari regole di prudenza e perciò atta a determinare, con elevato tasso di probabilità, la verificazione dell’evento dannoso.
Ciò posto, il Collegio, valutata la dinamica del sinistro, ha ritenuto non provata l’esistenza delle condizioni necessarie per la configurabilità della responsabilità amministrativa dell’agente di Polizia.
A tal fine appare dirimente che l’addebito al convenuto si basi essenzialmente sulle dichiarazioni del conducente del terzo veicolo coinvolto nell’incidente, persona evidentemente non disinteressata, che la volante viaggiasse ad alta velocità ed avesse tagliato la strada al secondo veicolo.
Non vi sono testimoni del fatto e i successivi rilievi della polizia municipale nulla aggiungono per spiegare la dinamica del sinistro né, tantomeno, per valutare la pericolosità della condotta asseritamente tenuta dal poliziotto.
(Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale Piemonte, Sentenza 15 aprile 2019, n. 51)