La ricostruzione: “il botto” due minuti dopo l’arrivo dei carabinieri
Pochi minuti, al massimo due o tre, sono trascorsi da quando le forze dell’ordine sono arrivate alla casa colonica di Castel d’Azzano (Verona) fino all’esplosione che ha investito l’area. L’episodio, su cui indagano le autorità, ha causato la morte di tre Carabinieri e il ferimento di altri 27. Il blitz, deciso dalla Procura di Verona, è avvenuto poco prima dell’alba con l’obiettivo di perquisire la casa alla ricerca di esplosivi e bottiglie molotov, a seguito di numerosi falliti tentativi di sgombero e di minacce da parte dei fratelli Ramponi, uno dei quali aveva tentato di darsi fuoco.
Durante l’intervento, la Polizia ha trovato due bottiglie molotov intatte sul tetto della casa, mentre molte altre presumibilmente erano esplose. Sono state inoltre rinvenute diverse bombole di gas, molte delle quali rotte, ma cinque sono state trovate integre e vuotate. Una trentina tra carabinieri e polizia avevano circondato l’edificio aspettandosi di fare irruzione, ma l’esplosione si è verificata appena sono giunti all’uscio, causando il crollo dello stabile e del piano superiore dove si trovava la donna ritenuta responsabile dell’innesco. La deflagrazione ha scagliato detriti e materiali in tutte le direzioni come proiettili.
È scattato immediatamente l’intervento di soccorso sanitario e dei vigili del fuoco, mentre sono accorsi anche tutti i militari in servizio nella zona, costituendo un imponente dispositivo di oltre cento uomini che ha poi bloccato i fratelli Ramponi: Dino è stato fermato subito, mentre Franco è stato trovato più tardi nei campi vicini, grazie a un’azione di contenimento senza vie di fuga.
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