La lunga battaglia dei Sovrintendenti della Polizia: da eroi a vittime della burocrazia
Il riconoscimento per meriti straordinari: un’arma a doppio taglio
Un gruppo di poliziotti appartenenti al ruolo dei Sovrintendenti della Polizia di Stato denuncia un’ingiustizia che si trascina da anni. Tutti loro sono stati promossi alla qualifica di Vice Sovrintendente per meriti straordinari, avendo dimostrato eccezionale capacità in operazioni di grande rilievo o avendo messo a rischio la propria vita per la sicurezza pubblica. Tuttavia, quello che doveva essere un riconoscimento si è trasformato in un ostacolo alla loro carriera.
Il problema della retrodatazione delle nomine
Mentre i Sovrintendenti promossi per meriti straordinari hanno ottenuto la decorrenza della nomina dalla data dell’evento che ha motivato la promozione, i colleghi che hanno superato i concorsi interni hanno beneficiato di una retrodatazione più favorevole. Questo meccanismo ha permesso loro di ottenere anzianità giuridica maggiore e di superare in grado chi, invece, aveva già maturato esperienza sul campo.
Il paradosso normativo e l’intervento della Corte Costituzionale
Questa disparità è stata evidenziata dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 224/2020, che ha dichiarato illegittimo l’articolo 75 del D.P.R. 335/1982 nella parte in cui non prevedeva l’allineamento della decorrenza giuridica per i promossi per meriti straordinari. La sentenza ha riconosciuto l’ingiustizia subita da questi poliziotti, affermando che la retroattività delle nomine dei vincitori dei concorsi interni aveva creato un’evidente violazione del principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione.
Il mancato adeguamento dell’Amministrazione
Nonostante la sentenza della Corte Costituzionale e numerosi pronunciamenti del TAR a favore dei Sovrintendenti promossi per meriti straordinari, il Ministero dell’Interno ha ignorato le richieste di riallineamento della decorrenza giuridica. A nulla sono valsi i ricorsi e le ordinanze del TAR Lazio che obbligavano l’Amministrazione ad adeguarsi.
Un concorso che ha aggravato il problema
Nel 2020 è stato indetto un concorso per la copertura di 2662 posti di Vice Ispettore, ma nel bando non è stata considerata la retrodatazione riconosciuta dalla Corte Costituzionale. Questo ha comportato un ulteriore danno ai Sovrintendenti promossi per meriti straordinari, che si sono visti assegnare punteggi inferiori rispetto ai colleghi entrati per concorso. Per sanare questa ulteriore ingiustizia, alcuni di loro hanno dovuto presentare nuovi ricorsi al TAR, ottenendo in alcuni casi l’ammissione con riserva alla frequentazione del corso di formazione per Vice Ispettori.
L’ostinazione del Ministero e la sentenza del Consiglio di Stato
Nonostante le vittorie legali, il Ministero ha continuato a osteggiare i ricorrenti, arrivando ad appellarsi al Consiglio di Stato, che con la sentenza n. 9644/2024 ha ribaltato le precedenti decisioni, accogliendo la tesi ministeriale secondo cui i poliziotti promossi per meriti straordinari non potevano più rivendicare il riallineamento della loro anzianità perché non avevano presentato ricorsi prima della sentenza della Corte Costituzionale. Un paradosso evidente, dato che all’epoca non esisteva alcun presupposto normativo per farlo.
Una richiesta di giustizia ancora inascoltata
La vicenda ha lasciato un profondo senso di amarezza tra i poliziotti coinvolti. Nonostante abbiano servito lo Stato con dedizione e coraggio, vedono compromessa la loro carriera a causa di errori amministrativi e interpretazioni normative distorte.
Oggi, con una carenza di circa 8000 unità nel ruolo degli Ispettori, sarebbe sufficiente un intervento legislativo per eliminare questa ingiustizia e garantire pari opportunità di crescita professionale a chi ha già dimostrato sul campo il proprio valore. Fino ad allora, questi poliziotti continueranno la loro battaglia per vedere finalmente riconosciuto un diritto che dovrebbe essere garantito a tutti.
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