Politica

“La Difesa è questa”. Crosetto e l’esempio dei carabinieri che difendono il pedofilo dal linciaggio (Video)

Alla rassegna “La Ripartenza” curata da Nicola Porro, Guido Crosetto ha scelto una metafora che graffia: due carabinieri scortano in carcere un pedofilo che “ha fatto del male a dei bambini”. Da padri, dice, lo ucciderebbero come qualunque altra persona. Ma se, lungo il tragitto, incontrano una folla inferocita, devono difenderlo. Anche se l’istinto li spingerebbe a stare con la folla. È una scena volutamente estrema, costruita per fissare un’idea semplice e scomoda: le istituzioni esistono per impedire che la giustizia diventi vendetta.

Le parole, testuali

“Pensate ai due carabinieri che accompagnano in prigione un pedofilo che ha fatto del male a dei bambini e potessero da padri lo ucciderebbero come qualunque altra persona. Eppure se questi carabinieri, mentre lo portano in prigione, incontrano una folla inferocita, lo devono difendere. Anche se loro vorrebbero far parte di quella folla inferocita. L’istituzione è quella. C’è quella parte del Paese che presidia la legge anche quando non vorrebbe farla come uomo, ma lo fa perché serve un’istituzione. Quella parte, la difesa è quella parte”.

Il significato politico e istituzionale

Qui non c’è indulgenza verso il crimine, ma la riaffermazione di un principio cardine: la legge prevale sugli impulsi. Nella figura dei due carabinieri, Crosetto condensa il paradosso dello Stato di diritto: proteggere l’incolumità di chi è in custodia non è un favore al colpevole, è la condizione per un processo legittimo e una giustizia legittima. La differenza tra giustizia e giustizialismo si gioca in quel varco stretto, quando l’uniforme deve resistere all’uomo. “L’istituzione è quella” è il punto: la legge serve soprattutto quando è scomoda.

Perché quell’immagine colpisce

Crosetto sceglie il reato più abietto, quello che suscita ripulsa immediata. Lo fa per alzare il volume del messaggio: se lo Stato riesce a difendere la legalità nel caso che tutti aborrono, allora la difesa della legalità è autentica. Se cede proprio lì, non è più Stato ma folla. Il richiamo è brutale ma efficace, perché costringe a una domanda netta: istinto o istituzione?

Il quadro operativo delle forze dell’ordine

Nel nostro ordinamento, chi è arrestato o detenuto ha diritti che non si spengono con le manette. La tutela dell’incolumità durante la custodia e il trasferimento è un dovere professionale, giuridico ed etico delle forze dell’ordine. Difendere un arrestato da aggressioni esterne significa proteggere la tenuta del processo e, in definitiva, la credibilità della sentenza che verrà. È qui che il ruolo dell’uniforme si separa dall’istinto dell’uomo: non empatia verso il reo, ma lealtà verso la Costituzione.

Il contesto e i limiti

Le frasi sono state pronunciate a “La Ripartenza” di Nicola Porro. Crosetto sceglie un’immagine scomoda per ricordare una verità scomoda: lo Stato di diritto si misura quando difende chi nessuno vorrebbe difendere. Se in quel momento l’istituzione vacilla, resta solo la folla. E la folla non è giustizia.

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