IO MILITARE FIERO DI PROTEGGERVI: “COSÌ HO IMPARATO A GESTIRE LA PAURA”
(di Paolo Conti) – Come ci si sente, a 27 anni e con tutta la vita davanti, nei panni di un possibile bersaglio quotidiano del terrorismo, e dopo aver visto le immagini dell’attentato di Levallois-Perret, con quell’auto lanciata contro sei militari uguali a te? «No, non voglio apparire presuntuoso. E non intendo nemmeno minimizzare, ma noi militari italiani impegnati sul territorio siamo ben allenati non solo ad affrontare possibili pericoli di quel tipo, ma ad avere un occhio addestrato a intuire i veri rischi». E la paura? «Mi aiuta un carattere predisposto alla tranquillità, al controllo dei nervi». Non è roba da un ragazzo come gli altri, che incontri per le strade, sulle spiagge, in discoteca. «Invece sono, mi sento veramente un ragazzo come tanti altri. Poi ognuno segue la propria strada. La mia adesso è questa: in piazza con la divisa, per contribuire a rendere più sicura la vita degli altri. So che può sembrare retorico, o banale, o già sentito: ma provo un grandissimo orgoglio per il lavoro che svolgo. E ai pericoli mi sento preparato. Per imparare a proteggere bene un’area italiana, sono già stato in Afghanistan e in Libano».
Il profilo
Il Caporalmaggiore dell’Esercito P. A. P., 27 anni (da San Giovanni Rotondo, Foggia), è davvero un militare qualsiasi, di quelli che vediamo schierati per le nostre strade: in questo periodo presidia a Roma la centrale, nevralgica piazza della Repubblica (snodo tra la stazione Termini e via Nazionale) inclusa la fermata della metropolitana. Cinque-sei ore di turno al giorno per l’Operazione Strade Sicure, sotto il sole del rovente agosto 2017, armato, e possibile bersaglio di attacchi, come dimostra l’attentato parigino: il tutto per 1.200 euro al mese. Uno tra i tanti, dicevamo. Ma forse sono le sue risposte a farne un tipo umano «diverso» rispetto ad altri suoi coetanei. Per esempio quando gli si chiede a che età abbia deciso di arruolarsi: «Ho scelto la divisa subito dopo la Maturità Scientifica. Ho uno zio carabiniere e un altro zio ufficiale dell’Esercito. In casa ho respirato questa passione. Ho preferito tentare di arruolarmi immediatamente, senza laurearmi. È stato faticoso ma ci sono riuscito, dopo l’arruolamento nel 2010 e il concorso quadriennale nel 2013 ora attendo il concorso per il servizio permanente».
La scelta
Una scelta di vita, e vediamo di capire perché: «Hanno contato gli esempi familiari. Ma soprattutto per me, lo ripeto, c’è una forte motivazione legata all’orgoglio. Però pesa un altro fatto, e anche qui si corre il rischio di non essere capiti, raccontandolo, o magari qualcuno penserà che esagero: i continui “Grazie! Grazie!” che ci rivolge la gente ogni giorno, vedendoci al lavoro. Ringraziano anche i turisti. Noi lo sappiamo che la popolazione non si sente tranquilla. Che il terrorismo rappresenta un problema e sta cambiando le nostre vite. Vederci rassicura. Quei ringraziamenti per me, per i miei colleghi, sono soddisfazioni straordinarie, dal punto di vista professionale come da quello umano». Ha lavorato con donne in divisa? «Non in questo periodo, ma mi è successo. Posso testimoniare che sono identiche a noi uomini sia sul piano della forza fisica che della capacità performativa, ovvero dell’addestramento. Ormai non vedo differenze».
Il futuro
A proposito di donne, a 27 anni c’è chi progetta il futuro, magari pensa a farsi una famiglia. Con un lavoro in cui si rischia la vita, può essere difficile trovare chi accetta e condivide.«Anche in questo mi sento fortunato, sto da cinque anni con Chiara, una mia compaesana che ha studiato medicina e si sta specializzando in ginecologia, mi ha sempre sostenuto anche nelle missioni all’estero, mi sento così forte anche perché c’è lei». Dunque si torna in strada ogni giorno, nonostante le notizie da Parigi. «Certo che sì, senza esitazioni. Penso al mio futuro. Un gradino per volta, punto a diventare sergente, maresciallo, un giorno magari ufficiale. La paura? Lo ripeto, siamo allenati a controllarla…». (Il corriere.it)