Editoriale

IL NAUFRAGIO DI CUTRO E IL RINVIO A GIUDIZIO DEI SEI MILITARI.

Di Col. (ris.) della Guardia di Finanza
Dott. Sergio De Santis

IL NAUFRAGIO

Il 14 gennaio 2026 inizierà il processo ai quattro Ufficiali e Ispettori appartenenti alla Guardia di Finanza e ai due Ufficiali della Guardia Costiera accusati di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo per il naufragio del Summer Love avvenuto il 26 febbraio 2023 davanti alla spiaggia di Cutro, nel crotonese, che provocò 94 vittime ed un numero imprecisato di dispersi.

LE INDAGINI ED I MOTIVI DEL RINVIO A GIUDIZIO

Stante i pochi elementi in possesso, ma tenendo conto di quanto riportato da tutti i quotidiani nazionali, dalle indagini sarebbero emerse negligenze e sottovalutazioni, aggravate da carenze strumentali e inefficienze operative. Secondo il PM ci fu mancanza di coordinamento tra Guardia di Finanza e Guardia Costiera, ognuna impegnata a seguire solamente il proprio mandato istituzionale (attività di polizia per la Guardia di Finanza, essendo l’unica Polizia del Mare riconosciuta giuridicamente, e di ricerca e soccorso per la Guardia Costiera), non attivando tempestivamente, nessuno dei due Enti, alcuna azione, né di polizia (Law Enforcement),  né SAR (Search and Rescue), violando così l’obbligo primario di tutelare la vita umana in mare, anche in presenza di condotte imprudenti da parte degli scafisti. Il Sostituto Procuratore Pasquale Festa ha parlato inoltre di “gravi negligenze” degli imputati, che avrebbero violato anche le linee guida stabilite nel Tavolo Tecnico del 2005.

Tra i motivi riconducibili al rinvio a giudizio ci sarebbero riferimenti alla indisponibilità di mezzi navali per avaria e maltempo, che impedirono l’uscita delle imbarcazioni.

In caso di avaria, non sarebbe possibile prendersela con nessuno, perché evento imprevisto e imprevedibile, idem come sopra se il fermo della barca era programmato prima del naufragio.

Potremmo mai prendercela con la polizia se delle due ipotetiche macchine da inseguimento a disposizione, una buca appena esce dal garage e l’altra è ferma dal giorno precedente per cambiare la frizione?

In caso di condizioni metereologiche avverse invece, la decisione finale se affrontare o meno un mare in burrasca, spetta insindacabilmente al Comandante dell’unità, essendo l’unico responsabile della sicurezza dell’imbarcazione e delle persone a bordo. In caso di maltempo un buon Comandante deve quindi valutare attentamente le condizioni del mare, le previsioni meteorologiche, la capacità della nave e l’esperienza dell’equipaggio. Questo vale sicuramente per le unità navali della Guardia di Finanza, mentre per la Guardia Costiera potremmo avere una differenza di approccio, avendo quest’ultima a disposizione imbarcazioni nate esclusivamente per il soccorso in mare e quindi dichiarate “inaffondabili”.

La notte dei tragici eventi il moto ondoso era da molto mosso ad agitato (mare forza 4-5) rendendo quindi particolarmente difficoltosa o impossibile la navigazione per molte tipologie di unità navali.

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UN PANORAMA GIURIDICO SPESSO CONFUSO E CONTRADDITTORIO

Si contesta poi la mancanza di comunicazione e di coordinamento tra Enti, ed in particolare il non essersi attenuti alle cosiddette linee guida del 2005.

Giuridicamente si deve far riferimento al Decreto Interministeriale del 14 luglio 2003 e al successivo Accordo Tecnico Operativo del 14 settembre 2005, con cui venne delineato il dispositivo di vigilanza in materia di contrasto all’immigrazione clandestina nel quale alla Guardia di Finanza veniva affidato un prevalente ruolo di coordinamento delle attività di contrasto dell’immigrazione irregolare in acque internazionali, da condividere con la Marina Militare, e in modo esclusivo nella zona contigua (peraltro mai dichiarata dall’Italia). Alla Guardia costiera spettava invece un prevalente impegno nelle attività di ricerca e salvataggio all’interno delle acque territoriali (12 miglia dalla costa).

Questa apparente facile suddivisione però non tenne, e non tiene tutt’ora conto di tante variabili, con intrecci spesso problematici di competenze, che rendono lo scenario assolutamente confuso, e che possono aver influito, se accertati, sulla mancata o carente comunicazione tra Guardia di Finanza e Guardia Costiera:

dubbi su chi doveva dichiarare se si trattava prioritariamente di intervento di polizia o SAR; norme nazionali che si sovrappongono con norme internazionali; direttive o accordi che vanno a scontrarsi con convenzioni;  centri nazionali di coordinamento in conflitto con centrali di coordinamento di Enti che a loro volta dialogano con agenzie comunitarie come Frontex, che a sua volta opera in collegamento, oltre che con i partner nazionali, con i vertici della direzione a Varsavia; Tavoli tecnici interministeriali o Direttive ministerialiche possono, ma non devono, modificare la portata operativa degli obblighi di soccorso dettati dal diritto internazionale, dal diritto dell’Unione e dal diritto interno; paesi del Mediterraneo che hanno dichiarato zone SAR vastissime, ma chenon hanno centrali di coordinamento dei soccorsi e mezzi navali adeguati allo scopo; accordi bilaterali tra stati costieri che confliggono con norme di portata internazionaleed altro ancora.

Concludo questa veloce disamina affermando che l’operato dei militari rinviati a giudizio non può essere certamente preso come un anticipo di condanna, essendo la materia particolarmente ostica agli stessi addetti ai lavori e stante i numerosi dubbi che ho cercato di riassumere. Di sicuro nessuno dovrà però approfittare di questa indagine per mettere politicamente sotto processo le nostre gloriose Istituzioni, oltre agli uomini e alle donne in divisa operanti in mare, che negli anni passati hanno permesso di salvare decine di migliaia di migranti, anche a costo di rischiare la propria vita, e di arrestare centinaia di trafficanti di esseri umani.

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