C’è stato un tempo in cui i poliziotti e i carabinieri meridionali, soprattutto
siciliani, subivano un bonario sfottò. Pareva che al Sud non si facesse altro
mestiere che quello dello ”sbirro”. E siccome erano in tanti a scegliere
questa strada, in mancanza d’altro, agenti di pubblica sicurezza e militari
dell’Arma venivano esportati in ogni parte dell’Italia. Fino a determinare, in
qualche caso, al Nord, soprattutto ai confini d’Italia, qualche malumore.
Altri tempi.
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Tanti episodi tragici hanno fatto sì che gli sfottò, seppur
bonari, sopravvivessero solo in qualche barzelletta. I carabinieri e gli agenti
di polizia siciliani qualche volta ci lasciano la pelle nell’esercizio del loro
lavoro.
Nel panorama di “sbirri”, amati e un poco sfottuti, rappresentato
soprattutto dal cinema e dalla televisione, i marescialli dei carabinieri hanno
recitato la parte dei protagonisti. Il maresciallo dell’arma non è uno sbirro,
nelle piccole comunità locali nell’immaginario collettivo è un riferimento
affidabile in caso di bisogno, un padre di famiglia, lo Stato, la legge e la
persona di buonsenso.
Ogni tempo, grazie al cinema, che replica la realtà con diligenza, ha
avuto il suo maresciallo. Dall’eroe D’acquisto al maresciallo colpito tre anni
or sono all’ingresso di Palazzo Chigi a Roma. Il cinema ci ha regalato il
maresciallo Carotenuto, I due marescialli di Totò e De Sica, il maresciallo di
Jonny Stecchino, tollerante e bonario. O il maresciallo Rocca di Gigi Proietti,
e Frassica spalla di Don Matteo.
La popolarità dei marescialli è meritata, ma è così ampia e legata alle
fiction cinematografiche e televisive, che ha finito per relegare ad un ruolo
di secondo piano il lavoro, duro e talvolta rischioso, che i marescialli fanno
in Italia e all’estero (dove l’Arma viene scelta per le operazioni di peace
keeping così apprezzate da incontrare il favore del presidente degli Stati
Uniti).
Per questa ragione, quando la cronaca ci riferisce della morte, in
servizio, di un maresciallo dei carabinieri si rimane quasi increduli, come se
fosse impossibile che ai marescialli accada anche questo. E invece non è così,
purtroppo, come ci ricorda l’atroce fine a Massa Carrara del marescialloAntonio
Taibi, palermitano, ucciso davanti al figlio sedicenne da un ex postino sul
portone di casa. L’assassino riteneva Taibi responsabile della detenzione dei
figli, che il maresciallo aveva assicurato alla giustizia, perché autori di
furti e spaccio di droga.
È un episodio esemplare che ci avverte del livello di rischio che i
servitori dello Stato subiscono per il semplice fatto di svolgere il loro lavoro
con competenza e senso del dovere. Antonio Taibi non è morto per avere compiuto
un atto di eroismo ma per avere fatto con diligenza il suo lavoro. Sono state
le sue indagini, accurate e tempestive, a causare la sua morte. Se non avesse
contribuito a punire i due balordi, figli del suo assassino, non sarebbe stato
tolto alla sua famiglia. Agghiacciante.
Purtroppo i marescialli in servizio, quelli veri e non
cinematografici o televisivi, assomigliano sì a Frassica, Proietti, Totò, De
Sica o altri, ma la loro vita è molto più dura e pericolosa di quella proposta
dalle fiction.