I POLIZIOTTI VOGLIONO FARSI PAGARE IL TEMPO SPESO PER METTERE LA DIVISA
Indossare la divisa “è da considerarsi lavoro effettivo”
Se la questione è nuova per i poliziotti non lo è per i lavoratori delle aziende private. Infatti, già nel 1998 alcuni operai videro riconosciuto dalla Corte di Cassazione il loro diritto alla maggiore retribuzione. I Giudici che non ebbero alcun dubbio nell’affermare che “è considerato lavoro effettivo ogni lavoro che richieda un’occupazione assidua e continuativa” affermando quindi il principio secondo cui le disposizione di legge non preclude che il tempo impiegato per indossare la divisa “sia da considerarsi lavoro effettivo, e debba essere pertanto retribuito, ove tale operazione sia diretta dal datore di lavoro, il quale ne disciplina il tempo ed il luogo di esecuzione, ovvero si tratti di operazioni di carattere strettamente necessario ed obbligatorio per lo svolgimento dell’attività lavorativa”.
Tutto finalizzato a rafforzare i diritti dei poliziotti
Per il segretario provinciale del Siap, Roberto Traverso, il ricorso presentato dai suoi 56 colleghi “oltre a puntare al riconoscimento della retribuzione corrispondente a 40 minuti per ogni turno, necessari per indossare e dismettere la divisa ed i dispositivi accessori, ha come obiettivo anche il risarcimento della retribuzione non corrisposta dal gennaio 2006 in avanti per ogni turno effettivamente svolto. Tra l’altro – ha precisato il sindacalista come riportato da Repubblica.it – la nostra categoria ha l’obbligo di dismettere la divisa a fine turno e con la questione dello spogliatoio alluvionato il 9 ottobre 2014 – i lavori di ristrutturazione sono in corso -, i colleghi delle Volanti sono stati costretti a ricavarne uno di fortuna vicino agli uffici”. “La nostra iniziativa è un passo importante perché l’obiettivo è tracciare un solco finalizzato a rafforzare i diritti dei poliziotti – ha poi concluso il segretario provinciale del Siap – sperando di poter aprire la strada per ottenere il riconoscimento della retribuzione richiesta a favore di tutta la categoria”.
La stessa rivendicazione era stata avanzata dai Carabinieri
La stessa rivendicazione dei poliziotti, ad onor del vero, seppure non davanti ad un giudice, era già stata avanzata nel 2010 da alcuni Carabinieri. Infatti, il Consiglio Intermedio della Rappresentanza militare del Comando Interregionale dell’Arma “Vittorio Veneto” – una struttura interna all’amministrazione militare che non ha nulla a che vedere con le organizzazioni sindacali – chiese ai propri superiori gerarchici di farsi carico della questione e di prenderla in esame in sede di rinnovo contrattuale al fine di estendere a tutti i militari della Benemerita, la decisione dei giudici della Corte di Cassazione.
Era intervenuto anche il Siulp provinciale di Bari
Sulla medesima questione, inoltre, all’inizio dello scorso anno, era intervenuto anche il Siulp provinciale di Bari, un’altra sigla sindacale della polizia di Stato, che rispondendo ai quesiti degli iscritti aveva precisato che “in punto di fatto ed in punto di diritto, appare chiaro che la portata applicativa della decisione in esame al rapporto di lavoro nella Polizia di Stato è tutta da verificare. All’uopo – prosegue la nota sindacale -, assume rilievo la circostanza che i nostri ambienti di lavoro sono normalmente, anche se non tutti, dotati di spogliatoi e che nella quasi totalità dei casi il personale che indossa l’uniforme in ufficio, la mette e dismette nel corso dell’orario di servizio. Occorre, inoltre,considerare il fatto che nei nostri uffici la misurazione dell’orario di lavoro non viene effettuata attraverso congegni automatici. Infine, va da se che alcune ipotesi di articolazioni dell’orario di lavoro, previste dall’Accordo nazionale Quadro, contemplano espressamente frazioni di tempo prima e dopo il servizio effettivo per l’espletamento di attività propedeutiche e successive a quelle vere e proprie, per le quali il computo nell’orario di lavoro e conseguente retribuibilità sono implicitamente pacifici”.