FORZE DI POLIZIA IN PENSIONE DURANTE IL “BLOCCO”. RICONOSCIUTI GLI EFFETTI ECONOMICI AI PROMOSSI “AUTOMATICAMENTE”
Una questione rimasta irrisolta è quella relativa a coloro che, congedati durante il periodo di blocco, seppur promossi, hanno continuato a percepire emolumenti e pensioni senza i relativi effetti economici. In particolare la legge di stabilità 2015, che ha decretato lo “sblocco delle progressioni di carriera” non ha riconosciuto al personale in pensione gli arretrati degli assegni loro spettanti maturati durante il periodo ricadente tra il 1º gennaio 2011 e il 31 dicembre 2014, a differenza di quanto invece è stato riconosciuto al personale ancora in servizio a decorrere dal 1° gennaio 2015. Tale penalizzazione ha, di fatto, introdotto una difformità di trattamento tra il personale di pari grado e pari anzianità ancora in servizio ed il personale attualmente in pensione.
Al riguardo il 9 dicembre 2016 i giudici del TAR Lazio hanno pronunciato un’interessante sentenza, che riportiamo di seguito.
“Il ricorrente, già dirigente superiore della Polizia di Stato, in quiescenza per raggiungimento del limite di età di 63 anni a decorrere dal 1°.3.3012, ha conseguito la promozione alla qualifica di dirigente generale a decorrere dal 29.2.2012.
Detta promozione ha determinato solo effetti giuridici e nessun beneficio di natura economica;
Con il ricorso è stato censurato il richiamato provvedimento e sono stati chiesti l’accertamento e la declaratoria del diritto del ricorrente al riconoscimento e conseguimento anche degli effetti economici derivanti dallo stesso.
Il TAR Lazio ha accolto le doglianze del ricorrente. Ecco i motivi della sentenza:
“Il ricorrente, già dirigente superiore della Polizia di Stato, in quiescenza per raggiungimento del limite di età di 63 anni a decorrere dal 1°.3.3012, ha conseguito la promozione alla qualifica di dirigente generale a decorrere dal 29.2.2012, in applicazione dell’art. 1, comma 260, lett. b), della legge n. 266/2005, ma gli sono stati riconosciuti unicamente gli effetti giuridici. La citata disposizione normativa, abrogata solo successivamente, a decorrere dal 1° gennaio 2015, per effetto dell’art. 1 della l. n. 190/2014, recita: “In conseguenza di quanto previsto dal comma 259, a decorrere dal 1º gennaio 2006, sono attribuiti:
- b) ai dirigenti superiori della Polizia di Stato con almeno cinque anni di anzianità nella qualifica, la promozione alla qualifica di dirigente generale di pubblica sicurezza, a decorrere dal giorno precedente la cessazione dal servizio”.
Il comma 259, a sua volta, prevedeva un particolare trattamento pensionistico di favore per i dirigenti generali andati in pensione per raggiunti limiti di età prima dell’inquadramento nel livello B della qualifica.
Il provvedimento impugnato non stabilisce alcunché in ordine agli effetti economici e nel preambolo richiama il d.l. n.78/2010, convertito, con modificazioni, nella legge n. 122/2010.
L’art. 9, comma 21, del citato d.l. n.78/2010 , convertito, con modificazioni, nella legge n. 122/2010 stabilisce: “Per il personale di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici.”.
In applicazione della predetta disposizione, la promozione in questione ha avuto appunto solo effetti giuridici.
Occorre, tuttavia, rimarcare i tratti peculiari che caratterizzano la promozione de qua. Essa discende direttamente dalla legge e viene attribuita automaticamente, senza alcuna valutazione né tanto meno alcun confronto comparativo tra concorrenti, il giorno prima che il dirigente superiore, in possesso della necessaria anzianità nella qualifica prevista ex lege, vada in quiescenza.
È evidente che si tratta di un beneficio previsto dalla legge (ora non più, a decorrere dal 1°.1.2015), con incidenza diretta sul trattamento pensionistico, che si giustifica proprio in ragione di tali effetti, in quanto altrimenti sarebbe del tutto svuotato di significato.
Diversamente invece le promozioni alle quali fa riferimento il menzionato art. 9, comma 21, del d.l. n.78/2010 disposte negli anni ivi indicati conseguono ad una valutazione e sono strumentali ad una vera e propria progressione in carriera, con correlato esercizio di funzioni nella mansione superiore.
Il congelamento di che trattasi, riferito solamente agli anni specificamente individuati – 2011, 2012 e 2013 -, non può, perciò, che riguardare unicamente gli effetti economici delle promozioni in ultimo viste.
Va detto al riguardo che, proprio in ragione di questa limitazione temporale della mancata esplicazione degli effetti economici, la norma in questione è stata ritenuta costituzionalmente legittima.
Infatti la Corte Costituzionale, con sentenza n. 154/2014, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 21, secondo e terzo periodo, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 36, 53 e 97 Cost., evidenziando il “carattere eccezionale, transeunte, non arbitrario, consentaneo allo scopo prefissato nonché temporalmente limitato dei sacrifici richiesti”.
L’applicazione di tale norma generale anche all’ipotesi di promozione attribuita il giorno prima del pensionamento non determina invece effetti di carattere transitorio, ma, al contrario, produce effetti permanenti, per tutta la durata della pensione.
Essa diventa così irragionevole, comportando lo svuotamento della norma che ha previsto tale promozione, vale a dire dell’art. 1, comma 260, lett. b), della legge n. 266/2005.
Conseguentemente il ricorso è fondato e deve essere accolto, con annullamento in parte qua del provvedimento impugnato ed obbligo, per l’Amministrazione, di attribuire al ricorrente gli effetti economici derivanti dalla sua promozione a dirigente generale.”