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RENZI: “L’ITALIA NON ENTRA IN GUERRA”

In un
articolo apparso sul Corriere della Sera di oggi, viene riportato un
virgolettato del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Le
dichiarazioni del premier lasciano intendere chiaramente che l’Italia non sarà
direttamente coinvolta nel conflitto siriano.

Ecco le
parole di Renzi nell’articolo di Teresa Meli:
“Io
sono prudente per varie ragioni quando si parla di guerra. Dobbiamo essere
seri, non stiamo discutendo di un congresso di partito, ma di un conflitto e
noi non vogliamo entrare in guerra […] Occorre agire con moderazione”.
Anche
il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, è sulla stessa linea del
premier Renzi. Pur assicurando “la massima disponibilità alla Francia
nella lotta all’Isis, ha escluso qualsiasi intervento militare in Siria.
Tuttavia,
ha aggiunto: “non escludo il rafforzamento dell’intervento in Iraq, nel
senso che lo stiamo rafforzando. Mentre i numeri previsti per la nostra
missione dal decreto precedente erano attorno alle 500 persone, il decreto che
in questo momento è in discussione al Parlamento ne prevede 750
“.
Renzi
non è l’unico che ha preso le distanze dal discorso di ieri di Hollande,
che qualcuno ha definito “una chiamata alle armi”. Anche gli altri
leader europei non sembrano propensi ad un coinvolgimento diretto in Siria e in
Iraq.
Barack
Obama
, per, parte sua, dopo aver trovato una certa sintonia con
Vladimir Putin al negoziato di Vienna e al G20, preferisce non forzare la mano.
Le coperture aeree ai curdi continueranno, ma sono esclusi interventi via
terra.
Il
nostro Presidente del Consiglio rifiuta l’idea di intervenire in Siria
soprattutto perché il Giubileo è alle porte. Esporsi
eccessivamente nel conflitto significherebbe alzare il tiro contro i terroristi
in un momento troppo delicato.
Ai suoi
ministri, Renzi ha richiesto di non lasciarsi andare a “inutili
allarmismi
” e a “non reagire d’istinto“. Meglio non
aizzare la voglia di vendetta, che produrrebbe effetti perniciosi.
Per il
governo, l’importante è non ripetere gli errori della Libia, che
già ci sono costati molto cari in termini di profughi, ma anche in termini di
sicurezza. E, dal G20, avverte che per vincere il terrorismo ci vorranno anni e
una strategia ben strutturata:
“Noi
snideremo i terroristi, ma senza fare confusione e avendo sempre in mente una
strategia complessiva, altrimenti siamo destinati a perdere”

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